Sanità: Rapporto 2012 di Cittadinanzattiva

maggio 9, 2013
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Cittadinanzattiva  ha presentato il Rapporto 2012 dell’Osservatorio civico sul federalismo in sanità. Osservatorio, reso possibile grazie al contributo non condizionato di Bristol Myers Squibb e Pfizer, è stato attivato nel 2011 da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato.

Il Rapporto 2012 fa il punto su alcune aree tematiche: percorso materno-infantile, procreazione medicalmente assistita, prevenzione e vaccini, rete oncologica, assistenza territoriale, assistenza farmaceutica e un focus sul livello di trasparenza delle nostre regioni. Percorso materno-infantile, le differenze maggiori non solo su cesarei ma anche su parto indolore e assistenza sanitaria ai figli di immigrati non in regola.
Tre le proposte evidenziate nel Rapporto di Cittadinanzattiva: “Dal taglio lineare alla programmazione: basta al ripianamento dei bilanci con tagli lineare di fine anno ad effetto retroattivo. Chiediamo piuttosto l’approvazione del Piano nazionale sanitario e il nuovo Patto per la Salute. Accountability per operatori, trasparenza per i cittadini. Il controllo sociale è una leva fondamentale per il cambiamento del management della sanità. Trasparenza delle scelte, della capacità di amministrare e programmare e capacità di comunicare adeguatamente. Valutazione e partecipazione civica. I cittadini devono avere voce in capitolo nel monitoraggio dei LEA, negli organismi indipendenti di valutazione e nella gestione delle politiche del farmaco”.
L’Italia è la nazione che destina meno risorse del SSN alla prevenzione, ossia lo 0,5% rispetto al 2,9% della media dei paesi europei.
Sul versante vaccini, il Piano nazionale 2012-2014 prevedeva, fra gli obiettivi delle regioni, la completa informatizzazione delle anagrafi vaccinali: ad oggi l’83% delle USL si è dotato di un registro informatizzato, ma solo 6 regioni (Valle d’Aosta, FVG, Umbria, Molise, Puglia e Basilicata) e le due province autonome di Trento e Bolzano hanno un software unico su tutto il territorio regionale; 7 regioni Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana e Campania) hanno software diversi nelle varie asl; le restanti regioni hanno alcune aree non informatizzate; unica eccezione in negativo è la Calabria, dove non esiste alcun registro vaccinale informatizzato. Nelle 8 realtà a completa informatizzazione, solo 5 regioni sono in grado di produrre una lista dei ritardi nella vaccinazione e sanno gestire i target ad alto rischio e solo 6, ad esempio, riescono a gestire lo stoccaggio dei vaccini. A livello di copertura vaccinale, solo l’Umbria nel 2010 raggiunge l’obiettivo OMS del 95% (precisamente la regione è al 95,4%) di copertura del vaccino MPR (morbillo-parotite-rosolia) nei bambini a 24 mesi; poco al di sotto la Lombardia (94,67%, pur inflessione rispetto al 95% del 2009); 11 regioni si attestano o superano di poco il 90%; al di sotto del 90% Sicilia, Campania e Calabria.
Differenti anche le modalità di coinvolgimento e responsabilizzazione della popolazione, in una ottica di consenso informato e adesione consapevole. Si va dai casi virtuosi di Toscana ed Emilia Romagna che hanno previsto anche modalità di obiezione di coscienza dei genitori, al Veneto in cui è stato superata l’obbligatorietà della vaccinazione, a Lombardia, Piemonte e Sardegna in cui è stata solo eliminata la sanzione amministrativa in caso di rifiuto delle vaccinazioni obbligatorie. Le altre regioni lasciano un pò al caso e al libero arbitrio dei genitori. Una nota sul nuovo vaccino gratuito dell’HPV (papilloma virus): se nel 2007 si era fissato di raggiungere la copertura del 95% entro il 2012 alla luce delle difficoltà incontrate, il Piano nazionale del 2012-2014 ha abbassato l’obiettivo al 70% che a giugno dello scorso anno era quello massimo raggiunto dalle 8 regioni più virtuose (Valle d’Aosta, veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Molise, Basilicata, Puglia).
Per quanto riguarda l’assistenza territoriale, nel 2011 la spesa complessiva per la medicina generale convenzionata è stata di 6 miliardi e 624 milioni di euro. La Lombardia è stata la regione che ha speso di più (901 milioni), il Molise quella che ha speso di meno (51 milioni), il Lazio la regione che ha incrementato maggiormente la spesa (+5,6%, dai 576,94 del 2010 ai 609,29 del 2011). L’Emilia Romagna è la regione virtuosa nella percentuale di anziani trattati in assistenza domiciliare integrata: nel 2010 ne ha trattato l’11,6%, in costante aumento rispetto al 2008; seguono l’Umbria con il 7,67%, il Veneto (5,55%) e la Basilicata (5,03%), tre regioni che, a differenza dell’Emilia Romagna, non hanno però migliorato di molto gli sforzi in tal senso; in peggioramento Piemonte, Marche e Puglia che, con l’1,9%, si colloca in fondo alla classifica di over65 trattati in ADI. Inoltre, è il Trentino Alto Adige la regione che ospita il maggior numero di cittadini in presidi residenziali socio-assistenziali (RSA) con un valore di 431,3 su 100mila residenti tra i 18 e i 64 anni; i valori più bassi si registrano invece in Lazio (147,1), Puglia (133,6) e Campania (98,6), tre regioni sottoposte a Piani di rientro.

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