Alle imprese sociali gli immobili pubblici inutilizzati

agosto 25, 2014
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Le imprese sociali potranno usare gli edifici pubblici inutilizzati e i beni mobili e immobili confiscati alla criminalità. Le imprese private (con scopo di lucro) e le amministrazioni pubbliche potranno assumere cariche negli organi di amministrazione delle imprese sociali, ma non potranno averne la direzione e il controllo. Infine, il Governo si prende 12 mesi di tempo (anziché sei) per emanare i decreti legislativi che tradurranno in pratica la riforma del terzo settore.

Sono queste alcune novità introdotte nel disegno di legge delega approvato dal Consiglio dei ministri, rispetto alla bozza del provvedimento circolata prima della riunione dell’Esecutivo. Il ministero del Lavoro e quello dell’Economia stanno ancora definendo le ultime limature al Ddl.

Per sostenere le imprese sociali, come annunciato dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, sarà istituito un fondo rotativo: dovrà finanziare a condizioni agevolate gli investimenti in beni strumentali «materiali e immateriali».

Una delle sfide legate all’attuazione della riforma sarà quella di misurare l’impatto delle azioni svolte dalle imprese sociali. A questa valutazione saranno infatti legate le agevolazioni fiscali per coloro che investiranno in queste imprese. In base al disegno di legge varato dal Governo, i decreti attuativi dovranno dare una definizione puntuale dell’impresa sociale, come «impresa privata a finalità d’interesse generale» che abbia come obiettivo principale «il raggiungimento di impatti sociali positivi misurabili, realizzati mediante la produzione o lo scambio di beni e servizi di utilità sociale».

Un esempio di questo impatto positivo lo dà Luigi Bobba, sottosegretario al Lavoro con delega al terzo settore: «Un’impresa sociale che opera nel reinserimento lavorativo dei carcerati – spiega – e fa registrare una diminuzione del tasso di recidiva, comporta un beneficio per il lavoratore e uno per la società, perché sgrava lo Stato di un nuovo costo. Dovremo trovare un parametro per misurare concretamente l’impatto sociale delle azioni messe in campo».

Infine, saranno riviste le regole del cinque per mille dell’Irpef, introducendo «obblighi di pubblicità» delle risorse destinate dai contribuenti agli enti del terzo settore. Probabilmente, saranno potenziati gli strumenti per rendicontare le somme del cinque per mille, un obbligo già previsto dal 2008. I destinatari del contributo, infatti, entro un anno dall’incasso degli importi, devono redigere un rendiconto dal quale risulti in modo chiaro e trasparente la destinazione delle somme ricevute, e conservarlo per 10 anni. Le organizzazioni che ricevono più di 20mila euro devono anche inviare il documento al ministero che ha erogato le somme. Gli enti che non redigono il rendiconto rischiano di dover restituire gli importi ricevuti, in caso di controlli.

Fonte: ilsole24ore.com

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