Metro C, Roma Metropolitane fa causa al Campidoglio

luglio 1, 2014
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Si avvicina l’azzeramento dei vertici della municipalizzata. Lo sfogo Improta: sono autoreferenziali e non seguono gli indirizzi che gli abbiamo dato

Giovedì sera, festa dell’Unità, gli happydays democratici di Porta Ardeatina. Guido Improta, assessore ai Trasporti del Comune, si sfoga col «collega» della Regione Michele Civita e Maurizio Policastro, consigliere comunale piddino, presidente della commissione speciale su Metro C. L’assessore ce l’ha con i vertici di Roma Metropolitane: «Sono assolutamente autoreferenziali, non seguono gli indirizzi che gli abbiamo dato. E adesso ci hanno pure mandato un’ingiunzione di pagamento…».

È l’ultimo corto circuito, in una serie di accuse, controaccuse, dispetti e ripicche, che si trascina ormai da un anno. Roma Metropolitane, guidata ancora dal management scelto da Alemanno (Massimo Palombi presidente, Andrea Laudato e Massimo Nardi consiglieri del Cda, Luigi Napoli dg), ha scritto al Campidoglio chiedendo il pagamento delle spese di mantenimento della società. Di quanto si parla? Fonti dell’azienda parlano di «una cifra molto importante, diversi milioni di euro», bloccata da mesi. E così, dopo diversi tentativi andati a vuoto, si è passati alle vie legali. «Una cosa mai vista…», dicono in Comune. Tanto che l’Avvocatura avrebbe rigettato quel decreto ingiuntivo. Del resto, una municipalizzata che «fa causa» al suo azionista (unico) è un caso più unico che raro.

Ma questa vicenda è solo l’ultima goccia, in un mare. Tanto che adesso, dopo mesi di tensione, pare si sia arrivati al redde rationem decisivo. Nella stesura del piano di rientro, ci sarà il destino della società. Se, cioè, verrà fusa per incorporazione con Risorse per Roma (come vorrebbe Improta), oppure se – come invece pensa Marco Causi, deputato Pd, ex assessore al Bilancio, «cervello» economico della cabina di regia istituita sul piano di rientro – deve rimanere come stazione appaltante e come «cuscinetto» tra amministrazione pubblica e privati.

In ogni caso, in un modo o nell’altro, il destino dei dirigenti appare segnato. «Se la teniamo in vita, serve comunque un cambio drastico», dicono a palazzo Senatorio. Via il Cda, via il dg, via (forse) qualche «pezzo da novanta» societario. E dentro, probabilmente, un commissario, come chiede una buona parte del Pd. Il problema, come per Acea, è sulle buonuscita: il Cda di Roma Metropolitane, infatti, può restare in carica fino ad aprile 2015. E un’interruzione anticipata del mandato, naturalmente, non è mai a costo zero. Ma da tempo, ormai, tra i vertici aziendali e il Comune non esiste praticamente rapporto. Ogni decisione, o comunicazione, avviene per iscritto, nessuna si fida più di nessuno, pacchi e pacchi di carte da protocollare, una situazione che qualche campidoglista di vecchia data definisce «assolutamente fuori controllo, mai verificatasi prima. Ed è chiaro che, in questo clima, portare avanti cantieri complessi come quelli delle metro (altri problemi ci sono sulla B1 fino a Ionio…) diventa un calvario.

E. Men.

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