Danno all’immagine per le “spigole” del Generale Speciale

luglio 25, 2013
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Sent. n. 522/2013

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

IIIª SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO

Composta dai seguenti magistrati:

Dott. Ignazio de MARCO Presidente

Dott. Nicola LEONE Consigliere

Dott.ssa Marta TONOLO Consigliere

Dott. Bruno Domenico TRIDICO Consigliere

Dott.ssa Maria Nicoletta QUARATO Consigliere relatore

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

sull’appello in materia di responsabilità amministrativa, iscritto al n. 36019 del Registro di Segreteria, proposto dalla:

PROCURA REGIONALE della Corte dei conti presso la Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio,

contro

i signori:

1) Roberto SPECIALE, rappresentato e difeso – in virtù di procura speciale a margine della memoria di costituzione in giudizio – dal prof. avv. Filippo Satta e dagli avv. Anna Romano, Andrea Longo e Guido Anastasio Pugliese, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, alla via Gian Giacomo Porro, n. 26;

2) Ugo BAIELLI, rappresentato e difeso – in virtù di procura speciale a margine della memoria di costituzione in giudizio – dall’avv. Massimo Letizia ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, al viale Angelico, n. 103,

avverso

la sentenza della Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Lazio n. 1537/2009 del 16 aprile – 30 luglio 2009.

Uditi nella pubblica udienza del 27 febbraio 2013 il relatore, Cons. Maria Nicoletta Quarato; l’avvocato Giuseppe Cinti, per delega dell’avv. Pugliese, in rappresentanza del Gen. SPECIALE; l’avv. Massimo Letizia per il Gen. BAIELLI; il Vice Procuratore generale, dott. Roberto Benedetti.

FATTO

Con la sentenza impugnata, la Sezione territoriale ha respinto la domanda risarcitoria di cui all’atto introduttivo del giudizio, nei confronti di entrambi i convenuti Roberto SPECIALE e Ugo BAIELLI, liquidando in loro favore spese pari a euro 3.000 ciascuno.

Agli odierni appellati – all’epoca dei fatti, nella rispettive qualità di Comandante generale della Guardia di Finanza (SPECIALE) e di Comandante provvisorio del Comando aeronavale di Pratica di Mare della Guardia di Finanza (BAIELLI) – era stato contestato il danno erariale cagionato in conseguenza dell’uso improprio di aeromobili in dotazione della stessa Guardia di Finanza (di seguito, brevemente GdF).

Più in dettaglio, si opponeva, a titolo quantomeno di colpa grave:

1) allo SPECIALE, l’utilizzo dell’aeromobile ATR42 per il trasporto del Comandante generale della GdF, familiari e ospiti, nei giorni 20 e 27 agosto 2005, per motivi non istituzionali;

2) ad entrambi, l’utilizzo del medesimo aereo, in data 26 agosto 2005, per il trasporto di un carico di pesce fresco ordinato dal Comandante generale e fatto pervenire presso la Scuola Alpina di Predazzo (Bolzano) nello stesso periodo di permanenza dell’alto Ufficiale; così distogliendo il velivolo dalle finalità sue proprie di pattugliamento marittimo e di contrasto al contrabbando;

3) il danno all’immagine dell’Amministrazione di appartenenza di entrambi.

Il danno erariale era stato individuato nel costo delle otto ore di volo dell’aeromobile ATR42 per finalità non istituzionali, nei giorni 20, 26 e 27 agosto 2005, pari a complessivi euro 31.000, di cui euro 28.000 addebitabili alla condotta del generale SPECIALE e euro 3.000 al comportamento del generale BAIELLI, oltre al danno indiretto conseguente all’impiego di personale della GdF e al danno derivante dalla lesione del prestigio e dell’immagine del Corpo, rimesso alla determinazione in via equitativa del Collegio.

Da parte dell’Autorità giudiziaria competente ai due alti ufficiali sono state contestate più ipotesi di reato, per i medesimi fatti oggetto del presente giudizio e per altri illeciti che esulano dall’ambito del presente processo.

Entrambi furono chiamati avanti al Tribunale militare di Roma per rispondere : lo SPECIALE, di vari fatti di peculato militare aggravato (capo A, C, D, E, F), forzata consegna aggravata (capo B), abuso nell’imbarco di passeggeri aggravato (capo E e F); il BAIELLI di concorso nei reati di peculato militare aggravato e di forzata consegna (capi A e B). Il capo A per il volo dell’aeromobile del 26 agosto 2005; il Capo B per aver forzato il personale all’accesso di un veicolo furgonato che trasportava pesce; capo C, in data 19 agosto, per l’utilizzo illecito di un fuori strada e dell’autista nel periodo 19 – 27 agosto 2005; capo D, appropriazione dell’autoveicolo fuoristrada, in data 26 agosto 2005, per il trasporto di pesce da Verona a Predazzo; capo E appropriazione dell’aeromobile nei giorni 17 e 21 febbraio 2005; capo F, in data 20 e 27 agosto 2005, appropriazione dell’aeromobile e delle energie lavorative umane per il trasporto del generale Speciale e di ospiti, con finalità di carattere personale e privato.

Con sentenza in data 7 novembre 2009 il Tribunale militare di Roma assolveva entrambi gli ufficiali da tutti i reati loro ascritti perché “il fatto non sussiste”.

A seguito di impugnazione del PM, la Corte militare di appello di Roma, con sentenza n. 27 del 13 maggio 2010: confermava l’assoluzione di entrambi dai reati contestati ai capi B ed E nonché dall’ipotesi di abuso nell’imbarco di merci e passeggeri contestati nell’ambito dei capi A e F; condannava entrambi per il reato di peculato militare aggravato di cui al Capo A e solo lo SPECIALE per i reati di cui ai capi C, D e F.

Limitatamente all’utilizzo dei velivoli e degli autoveicoli e all’impiego del personale, la Corte di Cassazione – con sentenza n. 30680/2011:

– dichiarava il difetto di giurisdizione per il reato di peculato militare relativo all’utilizzo dei mezzi e del personale, con trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica competente. Il giudizio è tuttora pendente;

– annullava la sentenza di condanna per peculato militare in relazione all’utilizzo di carburante, nei confronti del BAIELLI, con rinvio alla Corte militare d’appello per il riesame e, per lo SPECIALE, con rinvio al medesimo Giudice, limitatamente alla determinazione della pena.

La Corte militare di appello, con sentenza n. 7/2012 condannava entrambi gli imputati in concorso per peculato militare aggravato in relazione all’illecito utilizzo di carburante nel giorno 26 agosto 2005 (capo A) e il solo SPECIALE ancora per peculato militare aggravato in relazione ai restanti capi di imputazione (capi , , F).

Il BAIELLI ha nuovamente proposto ricorso per Cassazione avverso tale ultima sentenza.

Con memoria depositata il 25 marzo 2011, il generale SPECIALE ha contestato gli addebiti, confermando le argomentazioni difensive già espresse nell’ambito del giudizio di primo grado.

Si afferma in sostanza che: il soggiorno presso la Scuola alpina era determinato da esigenze di servizio e non di vacanza, in occasione della programmata visita del Capo dello Stato, poi non avvenuta; il trasporto del pesce era un omaggio ai dipendenti della Sede che si erano lamentati della scarsità e varietà del vitto e, quindi, rientrava nelle proprie prerogative (rapporti istituzionali interni e esterni); l’utilizzo dell’aereo per il trasporto del pesce era stato deciso in coincidenza del viaggio di ritorno del generale; quanto a tale volo di rientro, la competenza è della Centrale operativa del Comando e dell’Aeronautica militare. L’appellato ha concluso per la conferma della sentenza di primo grado e per l’assoluzione da ogni addebito.

Il generale BAIELLI si è costituito in giudizio con due memorie, la prima depositata il 30 marzo 2011 e la seconda il 5 febbraio 2013.

L’appellato ha illustrato diffusamente la linea di comando della sede di Pratica di Mare per dimostrare: la sua estraneità all’ordine di impartire i voli degli aeromobili, in particolare quello del 26 agosto 2005 utilizzato per il trasporto del pesce; e la mancanza di qualsiasi elemento di prova sulla sua compartecipazione al presunto evento dannoso (in quanto non confermò l’ordine di volo, ma si limitò a suggerire al pilota, il quale manifestava perplessità, che avrebbe potuto effettuare un “volo addestrativo”).

Ha fatto, altresì presente che, a seguito delle rimostranze del pilota, il generale aveva affermato che si indicasse come causale “volo operativo”, confutando poi le numerose dichiarazioni testimoniali rese nell’ambito del giudizio penale e concludendo per la conferma della sentenza appellata.

Con la seconda memoria, l’appellato ha chiesto il rinvio dell’odierna udienza per acquisire l’emananda sentenza della Corte di Cassazione; l’udienza è fissata per il 9 luglio 2013.

All’udienza del 20 aprile 2011 era già stato chiesto rinvio per acquisire la precedente pronuncia della Cassazione e questa Sezione, con ordinanza n. 9/2011, ne aveva disposto l’acquisizione. In ogni caso è stato chiesto il rigetto dell’appello, con espresso rinvio alla precedente memoria – e ad altra allegata al punto 10 – nella quale il generale ripercorre le ragioni della sua estraneità ai fatti, con riguardo ai poteri a lui attribuiti e alla mancanza di prove sulla circostanza di aver impartito un ordine ai piloti.

Con istanza, depositata il 3 agosto 2012, il Procuratore generale di questa Corte dei conti ha chiesto la fissazione di udienza dopo aver acquisito la sentenza della Corte di Cassazione e del Tribunale militare di appello dopo il rinvio nonchè la documentazione di entrambi i procedimenti penali, ordinario e militare, oltre al ricorso per Cassazione del BAIELLI.

All’odierna udienza, le parti hanno illustrato le rispettive posizioni, confermando ciascuna le conclusioni rassegnate negli atti scritti.

DIRITTO

L’appello della PROCURA REGIONALE merita parziale accoglimento per le ragioni di cui appresso.

Il thema decidendum del presente giudizio riguarda l’accertamento della responsabilità degli appellati per i danni patrimoniali e non patrimoniali, asseritamente arrecati al pubblico Erario, attraverso la commissione di illeciti nell’esercizio delle rispettive funzioni di Ufficiali appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza.

Per tali fatti entrambi sono stati assolti con sentenza della Sezione territoriale, oggetto di gravame.

In particolare, a Roberto SPECIALE – all’epoca dei fatti Comandante generale del Corpo – si contesta:

1) l’indebita spesa sostenuta dall’Amministrazione a causa dell’utilizzo, per scopi personali, del velivolo ATR42 nei giorni 20 e 27 agosto 2005;

2) l’altrettanto ingiustificata spesa per le retribuzioni e i compensi corrisposti ai militari e al personale specializzato distratti dai compiti istituzionali oltrechè ai piloti e specialisti componenti l’equipaggio di volo nelle medesime date di cui al punto 1);

3) l’indebita spesa sostenuta dall’Amministrazione a causa dell’utilizzo, per scopi personali, del velivolo ATR42 nel giorno 26 agosto 2005;

4) la maggiore spesa per le retribuzioni e i compensi corrisposti ai militari e al personale specializzato distratti dai compiti istituzionali oltrechè ai piloti e specialisti componenti l’equipaggio di volo nella medesima data di cui al punto 3);

5) il danno all’immagine dell’Amministrazione, conseguente al clamore che la vicenda ha suscitato nell’opinione pubblica e al discredito dell’intero Corpo della Guardia di Finanza per il ruolo di vertice rivestito dall’Ufficiale che ha adottato le illustrate condotte.

Ancora, a Ugo BAIELLI – generale di Divisione della GdF e, all’epoca dei fatti, Comandante facente funzioni del Comando aeronavale di Pratica di Mare – si contesta:

6) di aver concorso a determinare l’indebita spesa conseguente all’uso del velivolo ATR42, nel giorno 26 agosto 2005, per aver assunto volontariamente un ruolo determinante nella decisione di effettuare il volo, pur non avendo competenza sulla questione del trasporto;

7) di aver concorso a determinare la conseguente indebita spesa per i compensi corrisposti ai piloti e specialisti componenti l’equipaggio di volo nella medesima data di cui al punto 6);

8) di aver concorso a determinare il danno all’immagine dell’Amministrazione di appartenenza.

Preliminarmente, deve essere respinta la richiesta di sospensione del giudizio avanzata dal BAIELLI per consentire l’acquisizione della emananda sentenza della Corte di Cassazione sul ricorso da ultimo proposto dall’interessato avverso la sentenza della Corte militare d’appello n. 7/2012.

In via generale deve osservarsi che, non sussiste un nesso di pregiudizialità necessaria tra il processo penale e quello amministrativo contabile, pur se entrambi basati sui medesimi fatti.

Infatti, con l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, è stato abrogato l’art. 3 del vecchio codice di rito, che prevedeva il cosiddetto principio della “pregiudizialità penale”.

Di conseguenza, attualmente, risulta pacificamente affermata l’autonomia dei due giudizi, penale e contabile (ex plurimis, Corte dei Conti, Sez. III centrale di Appello, sent. n. 777 del 2010; Sez. I centrale di Appello sent. n. 104/2005A; sent. n. 100/2005; sent. n. 169/2005).

La disposizione di cui all’art. 295 c.p.c. – applicabile al giudizio contabile in virtù del rinvio dinamico di cui all’art. 26 del R.D. n 1038 del 1933 – può trovare applicazione soltanto nei casi in cui il Giudice ne ravvisi la necessità, tenuto conto della stretta pregiudizialità tra i fatti illeciti oggetto del processo penale e il danno contestato avanti alla Sezione di questa Corte dei conti.

Invece, nella presente controversia sui fatti che hanno dato luogo agli addebiti contestati ad entrambi gli appellati sussiste ampia documentazione a supporto.

E invero, le condotte e gli accadimenti relativi alle vicende oggetto del presente processo sono stati oramai accertati nella loro realtà fenomenica.

Se poi tali fatti, documentalmente provati, siano idonei a configurare una fattispecie di reato e/o un’ipotesi di danno erariale, ciò attiene alla fase di valutazione delle prove che – salvo il limite previsto dall’art. 651 c.p.p. di cui si dirà appresso – compete al Giudice preposto, nell’ambito e nei limiti del relativo giudizio e nel rispetto della piena autonomia dei due distinti processi, penale e amministrativo contabile.

Al riguardo basti rilevare che, mentre il processo penale mira a sanzionare le condotte illecite qualificate dalla legge come reati, il giudizio di responsabilità amministrativo/contabile ha natura essenzialmente risarcitoria e assume finalità ripristinatorie delle risorse pubbliche indebitamente sottratte all’Amministrazione titolare – in termini di maggiore spesa o minore entrata – attraverso la condanna degli autori del comportamento illecito alla restituzione del quantum del pregiudizio arrecato.

E’ evidente pertanto che, nei due processi, sono affatto diversi il petitum e la causa petendi.

Ai fini del risarcimento del danno eventualmente arrecato all’Erario e, nel rispetto del principio di autonomia dei due giudizi (penale e di responsabilità amministrativo/ contabile), spetta al Collegio valutare i comportamenti tenuti dagli appellati.

Detto altrimenti, secondo l’orientamento giurisprudenziale ampiamente maggioritario (qui condiviso), deve ribadirsi che il presente giudizio ha natura risarcitoria di un danno economicamente valutabile; con ciò escludendo ogni funzione direttamente sanzionatoria di una condotta contra legem.

Nel merito, la Sezione ritiene che le rispettive posizioni dei due appellati debbano essere esaminate separatamente.

LA POSIZIONE DEL GENERALE SPECIALE

A. Il danno patrimoniale per l’illecito utilizzo di velivoli militari.

Nell’atto di citazione, le voci elencate ai punti 1) e 3) sono state qualificate come “danno diretto” alle casse del Corpo militare in quanto attengono al costo orario di volo degli aeromobili indebitamente utilizzati nei giorni 20, 26 e 27 agosto 2005.

Per tali fatti il generale SPECIALE è stato condannato – con sentenza oramai inoppugnabile – alla pena principale di anni uno e mesi otto di reclusione (con il beneficio della sospensione condizionale anche della pena accessoria di rimozione dal grado), in quanto ritenuto responsabile del reato di peculato militare aggravato.

Più precisamente, per i fatti illustrati, la condanna definitiva in sede penale è intervenuta limitatamente alla fattispecie di illecito utilizzo del carburante necessario all’uso dell’aeromobile nelle date indicate (20, 26 e 27 agosto 2005).

Riguardo all’uso del velivolo, invece, il giudizio penale è ancora pendente presso l’Autorità giudiziaria ordinaria, (dichiarata) competente a decidere sulle ipotesi di reato oggetto di imputazione.

In primo luogo il Collegio ritiene di dover ribadire l’indirizzo giurisprudenziale – assolutamente consolidato – in base al quale vi è completa autonomia tra giudizio penale e giudizio amministrativo contabile, con il limite però di cui all’art. 651 c.p.p., applicabile a qualsiasi processo.

Al comma 1, il predetto art. 651 c.p.p. testualmente dispone che “La sentenza penale irrevocabile di condanna pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato…”.

Ai fini del presente giudizio, pertanto, la sentenza irrevocabile di condanna penale – pronunciata nei confronti del generale SPECIALE – fa stato quanto all’accertamento sia dei fatti materiali sia della condotta illecita dell’autore.

Di conseguenza, non può condividersi il giudizio della Sezione territoriale che, al riguardo, ha assolto da ogni addebito il predetto Comandante generale, ritenendo che:

· i due voli del 20 e 27 agosto 2005 – di andata e ritorno dell’Ufficiale e dei suoi ospiti dal soggiorno di Predazzo – risultavano giustificati dall’evento istituzionale – in preparazione – della visita del Capo dello Stato (in realtà mai avvenuta) e dalla necessità di ispezionare i lavori di ristrutturazione effettuati presso la sede della Scuola alpina e terminati nel 2004 (ben prima della asserita ispezione). Il soggiorno del Generale e dei suoi accompagnatori non avrebbe, pertanto, assunto carattere illecito e la conseguente spesa per il trasporto di persone non poteva qualificarsi indebita;

· il trasporto di pesce – nel giorno 26 agosto 2005 – doveva considerarsi quale “omaggio alimentare agli allievi della Scuola alpina” e, in quanto tale “legittimamente rientrante nella discrezionalità del Comandante SPECIALE”.

La realtà processuale – incontrovertibilmente emersa nel giudizio penale, seppure limitatamente al consumo di carburante nei tre giorni considerati – contraddice entrambi i predetti assunti.

Infatti, è stato accertato che il soggiorno del Generale e dei suoi ospiti e il trasporto dei prodotti ittici non trovavano “alcuna giustificazione funzionale” e che “il Comandante Generale trascorreva semplicemente una vacanza estiva e che nessuna ragione di comando o di prestigio del Corpo giustificava l’uso di un aereo da pattugliamento marittimo, distolto – in periodo estivo e dunque di massima allerta – dall’impiego funzionale, per accompagnare la comitiva in montagna e per rifornire d pesce fresco il desco del Generale e dei suoi ospiti” (Corte di Cassazione, sent. n. 30280/2011, rispettivamente pag. 24 e pag. 21).

Per tali fatti è stata emessa condanna definitiva di peculato militare aggravato per appropriazione di carburante.

Ai fini del giudizio per cui è causa, pertanto, ne consegue necessariamente che la spesa sostenuta dall’Amministrazione per il consumo di carburante rappresenta un indebito esborso risarcibile da parte del soggetto che l’ha causato con la sua condotta dolosa.

Non diversamente, in questa Sede giudiziale, deve essere valutata anche la spesa per l’utilizzo dei predetti mezzi aerei (la cui competenza giurisdizionale, ai fini dell’accertamento di eventuali ipotesi di reato, è stata affidata all’Autorità giudiziaria ordinaria nell’ambito del processo penale).

Nella fattispecie de qua, infatti, entrambi gli illeciti risultano inscindibilmente legati all’abuso dei poteri propri del Comandante generale per finalità estranee agli scopi istituzionali del Corpo militare.

Per tutte le ragioni espresse il generale SPECIALE è responsabile del danno diretto arrecato all’Erario per l’illecito utilizzo dei velivoli militari nei giorni 20, 26 e 27 agosto 2005.

In totale riforma della sentenza di primo grado, l’indebita spesa che ne è derivata a carico dell’Erario pubblico deve essere da lui risarcita nella misura di euro 28.000,00, così come complessivamente quantificata nell’atto di citazione (quota parte del costo orario di volo pari a euro 3.885,00 X numero di ore di volo effettivo pari a 8 = euro 31.080,00).

B. La spesa per il personale militare distratto dai compiti istituzionali

Secondo la prospettazione di parte pubblica – oltre al costo orario dei voli indebitamente effettuati – occorre valutare il diverso e ulteriore danno per l’impiego di personale illecitamente distratto dai propri compiti istituzionali.

Tali voci sono state qualificate nell’atto di citazione come danno “indiretto” la cui determinazione ai fini del risarcimento è stata rimessa all’equo apprezzamento del Giudice.

Le fattispecie indicate ai nn. 2 e 4 si configurano, pertanto, come ipotesi di danno c.d. da disservizio.

Il danno da disservizio è, ontologicamente, danno patrimoniale.

Esso presuppone che sia provata una distorsione dell’azione pubblica rispetto al fine cui l’azione stessa deve essere indirizzata, con conseguente dispendio di denaro pubblico.

La natura risarcitoria della responsabilità amministrativo contabile, affermata dal Collegio, non comporta che essa si configuri soltanto in ipotesi di lesioni arrecate a beni patrimoniali materiali (nella specie, consumo di carburante e ammortamento degli aeromobili).

La dottrina e la giurisprudenza hanno oramai chiarito l’esistenza di un danno risarcibile anche nell’ipotesi in cui il vulnus, determinato dal comportamento illecito dell’agente, sia riferito a qualsiasi bene – materiale o immateriale che sia – purchè patrimonialmente valutabile (nella specie le energie lavorative, remunerate).

In ogni caso, perché si configurino le ipotesi per cui è causa – di danno all’Amministrazione di appartenenza da parte del soggetto con essa legato da rapporto di servizio per l’utilizzo di personale a fini non istituzionali– occorre la simultanea sussistenza di tutti gli elementi che compongono la fattispecie che, per espresso dettato normativo e per giurisprudenza costante ed unanime, sono: il pregiudizio subito dall’Ente, la condotta illecita, il nesso di causalità tra la condotta illecita ed il pregiudizio arrecato, l’elemento psicologico del dolo o della colpa grave dell’agente.

Occorre cioè provare la sussistenza di uno specifico danno economicamente valutabile.

Anche tale fattispecie dannosa – che costituisce anch’essa un quid pluris bisognevole di puntuale prova – non può atteggiarsi a mera conseguenza necessaria delle violazioni già sanzionate penalmente.

L’ipotesi di responsabilità amministrativo contabile per danno da disservizio deve essere adeguatamente provata, ai sensi dell’art. 2697 c.c. in tutti i suoi elementi costitutivi.

Nel caso di specie, il “danno all’organizzazione (militare)” è provato sufficientemente, quale voce distinta ed ulteriore rispetto agli altri specifici illeciti (maggiore spesa per l’indebito utilizzo dei velivoli), pure oggetto di censura.

Secondo l’orientamento giurisprudenziale qui condiviso (ex plurimis, Sez giuris. Veneto n. 866 del 20 maggio 2005; Sez giuris. Veneto n. 552 del 29 maggio 2006; I Sez. Centrale d’appello n. 185 del 31 maggio 2005; Sez. Puglia, 11 maggio 2007 n. 285; n. 661 del 25 agosto 2008 e n. 16 gennaio 2009 n. 12), infatti, il danno da disservizio deve essere correlato al minore risultato conseguito dall’apparato organizzativo, a seguito di omessa o carente prestazione lavorativa del dipendente, con conseguente ulteriore danno in termini di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa e della sua economicità (efficienza + efficacia).

In altri termini, può sussistere il danno da disservizio allorchè l’azione non raggiunge, sotto il profilo qualitativo, quelle utilità ordinariamente ritraibili dall’impiego di determinate risorse, così da realizzare uno spreco delle stesse.

Esso rappresenta, quindi, un pregiudizio effettivo, concreto ed attuale, che coincide con il maggiore costo dell’attività amministrativa, nella misura in cui questa si riveli inutile per i legittimi destinatari di essa (in tal senso, da ultimo, Corte dei conti, Sez. I d’appello, sent. n. 45 del 2012).

In particolare, occorre la prova dell’inefficacia, in termini di qualità del servizio reso alla collettività di riferimento, quale quid pluris rispetto all’illecito penale.

Dalla documentazione in atti risulta dimostrato che le inefficienze dell’apparato amministrativo in questione debbano essere ascritte al comportamento tenuto dal generale SPECIALE che ha anteposto il perseguimento di scopi personali – illeciti – al corretto assolvimento degli obblighi del Corpo da lui comandato.

In particolare, nella sentenza della Corte di Cassazione (n. 30280 del 2011, pag. 21) è stato affermato che “l’uso dell’aereo ATR 42 non solo non rispondeva a ragioni istituzionali, ma era stato realizzato addirittura in periodo (estivo) <cruciale per i controlli costieri>, distogliendo il velivolo dall’impiego cui era destinato in vista sia della sicurezza della navigazione sia della prevenzione dei reati di sbarco di <clandestini>”.

Il Collegio, nell’esercizio del suo autonomo apprezzamento dei fatti oggetto di causa, non può che condividere tali valutazioni della Suprema Corte, con ciò riscontrando tutti gli elementi che configurano la specifica fattispecie di danno.

Ed invero, ai fini della sussistenza del danno da disservizio, risulta provato che all’epoca dei fatti, si realizzò un’inefficiente e inefficace organizzazione delle risorse, finanziarie, umane e strumentali della struttura militare, al solo scopo di soddisfare esigenze personali del Comandante generale.

Non vi è dubbio che, per l’utilizzo dei mezzi aerei nei tre giorni in questione, sia stato necessario impiegare personale militare della GdF, normalmente dedito a tutt’altri scopi.

Anche per tale fattispecie dannosa deve essere affermata la responsabilità del generale SPECIALE per la maggiore spesa indebitamente posta a carico dell’Amministrazione.

L’Attore pubblico, nel giudizio di primo grado, non ha quantificato la spesa di tale posta di danno per cui è stata chiesta condanna risarcitoria, demandando la sua determinazione in via equitativa al Giudice.

E tuttavia, per quel che riguarda la quantificazione concreta di tale forma di danno, il Giudice dispone di parametri di riferimento sicuri, come nel caso in esame, rappresentati dagli strumenti e le risorse, anche umane, impiegate inutilmente dall’ufficio in quell’attività poi risultata inefficace (e nella misura in cui lo è stata).

Ritiene il Collegio che, l’effettuazione dei predetti trasporti (di persone e cose) abbia determinato il dispendio di energie lavorative di numerose unità di personale, sia per l’organizzazione dei viaggi, sia per il riallestimento degli aerei ATR42 utilizzati e sia per l’effettuazione dei voli (con impiego di piloti, personale di bordo e specialisti componenti l’equipaggio).

L’utilizzo del personale militare – distolto da compiti istituzionali – e degli operai specializzati per riallestire gli aeromobili, normalmente equipaggiati per trasporti ben diversi – ha certamente comportato un notevole dispendio di tempo e di energie lavorative, oltre all’altrettanto ingiustificato pagamento di indennità di trasferta ai piloti e all’equipe di viaggio.

Per le medesime ragioni, ugualmente certo appare il pregiudizio in termini di disagio organizzativo della struttura amministrativa.

In buona sostanza, gli atti acquisiti al fascicolo di causa conducono in maniera univoca ad un giudizio di particolare riprovevolezza nel comportamento del Comandante generale, il quale, a tacer d’altro, è inopinatamente e scientemente venuto meno ai propri doveri avendo fruito di prestazioni non spettanti e servizi non previsti neppure per il suo alto grado, così, determinando determinando l’inutile sperpero di pubbliche risorse, che sarebbe stato ben possibile impiegare proficuamente.

Non vi è dubbio, dunque, che nella specie è da configurare nettamente il danno da disservizio ipotizzato dall’ Attore pubblico.

Per la determinazione del quantum del risarcimento dovuto deve farsi ricorso al generale criterio di cui all’art. 1226 c.c. che espressamente prevede “Se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa”.

Al proposito occorre applicare i predetti sicuri parametri rappresentati dagli strumenti e dalle risorse umane impiegate inutilmente dall’ufficio in quell’attività, poi risultata inefficace.

Di conseguenza, la Sezione, in via equitativa, determina il complessivo risarcimento di tale voce di danno patrimoniale in complessivi euro 7.000,00, tenuto conto dei numerosi militari della Centrale operativa del Comando generale che sono stati impegnati nell’organizzazione dei viaggi (valutato altresì il dispendio di energie lavorative dovuto alle concitate variazioni più volte effettuate per l’ordine di volo del 26 agosto 2005), del personale tecnico addetto alla preparazione dei velivoli e degli equipaggi cui competeva, peraltro, la diaria per missione fuori sede di servizio.

C. Il danno all’immagine

C. 1) Qualificazione e natura del danno

Il danno all’immagine è, ontologicamente, danno non patrimoniale.

E’ noto che l’individuazione di nuove forme di danno risarcibile in ambito civilistico si è prevalentemente ispirata alle lesioni arrecate alle persone fisiche.

E’ altrettanto vero però che – unanimemente oramai – si ritiene che tali lesioni, se non appaiono strettamente legate alla materialità dell’individuo, ben possono essere subite da entità diverse quali le persone giuridiche e le associazioni non riconosciute.

Invero, tutti i soggetti dell’ordinamento, prescindendo dalla loro personificazione fisica o giuridica, sono autonomi centri di imputazione di situazioni giuridiche soggettive attive e passive, in quanto tali soggette alla tutela ed al sindacato giurisdizionale.

Per quel che concerne le Amministrazioni pubbliche (in primis lo Stato, persona giuridica per eccellenza), l’ordinamento attribuisce ad esse specifici poteri – e le risorse necessarie – per il perseguimento in concreto degli interessi pubblici secondo le rispettive competenze.

L’esercizio di tali poteri è tuttavia strettamente connesso al perseguimento dei fini pubblici e deve conformarsi a stretti criteri di legittimità.

Inizialmente la giurisprudenza, sulla scorta della sentenza della Corte costituzionale n. 184 del 1986 in materia di danno biologico, aveva qualificato il vulnus come danno patrimoniale (danno evento e non danno conseguenza) inquadrandolo nella disciplina di cui all’art. 2043 c.c.

L’evoluzione ermeneutica della giurisprudenza di legittimità ha consentito di distinguere nettamente – nell’ambito della disposizione di cui all’art. 2059 c.c. – il danno non patrimoniale dal danno morale: il danno non patrimoniale è comprensivo di ogni conseguenza pregiudizievole di un illecito che non si presta ad una valutazione monetaria di mercato, il danno morale consiste nella c.d. pecunia doloris (Cass., sez. III, 3 marzo 2000, n. 2367; id., sez. I, 5 dicembre 1992, n. 12951; id., sez. I, 10 luglio 1991 n. 7642).

Attualmente – secondo la lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. – la giurisprudenza di legittimità, in materia di tutela dell’immagine delle persone giuridiche, consente la risarcibilità del danno non patrimoniale oltre i limiti derivanti dalla riserva di legge posta dall’art. 2059 c.c. e non presuppone la qualificazione del fatto illecito come reato ex art. 185 c.p. (Cass., sez. III, 4 giugno 2007, n. 12929).

La tutela apprestata dall’ordinamento per le persone fisiche e per le entità non personificate è la medesima.

Ed invero, la necessità di correlare il risarcimento del danno alla lesione di un diritto inviolabile della persona non è circostanza ostativa, poiché l’art. 2 Cost. riconosce i diritti fondamentali dell’uomo anche nelle formazioni sociali in cui si esplica la sua personalità (Cass., sez. III, 4 giugno 2007, n. 12929).

Con la sentenza n. 26972 del 2008, la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ha definitivamente chiarito che il danno non patrimoniale è sempre riconducibile alla disposizione di cui all’art. 2059 c.c. e, come tale, è risarcibile in tutti i casi previsti dalla legge.

Tra essi rientrano i danni patrimoniali o non patrimoniali conseguenti alla commissione di reati – ex art. 185 c.p. – gli altri casi espressamente determinati dalla legge e, in virtù dell’interpretazione costituzionalmente orientata, la tutela è estesa alle fattispecie di danno non patrimoniale prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione.

C. 2) Il danno all’immagine del Corpo militare della Guardia di Finanza

Al generale SPECIALE è stato contestato di aver arrecato, con la propria condotta, grave discredito all’intero Corpo della Guardia di Finanza.

Anche sullo specifico punto di impugnazione la sentenza della Sezione territoriale deve essere riformata.

La determinazione del risarcimento conseguente a tale posta di danno – precedentemente indicata al punto 5) – è stata rimessa dall’appellante (conformemente alla domanda di cui all’atto di citazione) al prudente apprezzamento di questo Giudice.

E’ indubbio che il potere di liquidare il danno in via equitativa “costituisce espressione del più generale potere di cui all’art. 115 cod. proc. civ. ed il suo esercizio rientra nella discrezionalità del giudice di merito, senza necessità della richiesta di parte, dando luogo ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa” (Cass., Sez. 3, sent. n. 20990 del 2011)

Ciò premesso, la Sezione osserva – in base alla prevalente giurisprudenza qui condivisa – che l’azione dell’Attore pubblico non ha funzione direttamente sanzionatoria di una condotta contra legem ma risarcitoria di un danno suscettibile comunque di valutazione economica, a prescindere dal suo carattere patrimoniale o non patrimoniale.

Tale essendo l’ambito di giurisdizione di questa Corte dei conti, non rilevano, nel caso di specie, le singole figure di reato commesse dall’odierno convenuto, bensì le conseguenze, in termini di pregiudizio, subite dall’Amministrazione pubblica proprio a causa del comportamento tenuto dal suo dipendente.

Nel presente giudizio, la voce di danno in questione consiste nel grave nocumento arrecato al prestigio, all’immagine ed alla personalità pubblica della Guardia di Finanza e, più in generale delle Forze dell’ordine, a seguito della condotta illecita tenuta dall’appellato.

Infatti, ogni azione dannosa compiuta dal pubblico dipendente in violazione dell’art. 97 Cost. (in dispregio delle funzioni e delle responsabilità dei funzionari pubblici e, a maggior ragione, in presenza di commissione di reati e di illeciti, quali accertati nella specie, che il Corpo militare ha il compito di perseguire nella sua qualità di Polizia giudiziaria) “si traduce in un’alterazione dell’identità della pubblica amministrazione e, più ancora, nell’apparire di una sua immagine negativa in quanto struttura organizzata confusamente, gestita in maniera inefficiente, non responsabile e non responsabilizzata” (C. conti, SS.RR. 23 aprile 2003, n. 10/QM).

Il preteso risarcimento riguarda il ristoro per la lesione all’immagine dell’Amministrazione, conseguente al clamore che la vicenda ha suscitato nell’opinione pubblica e al necessario discredito dell’intero Corpo della Guardia di Finanza per il ruolo di vertice rivestito dall’Ufficiale che ha adottato le illustrate condotte.

Ai fini della proponibilità della fattispecie in questione, il necessario presupposto – se non il limite stesso alla giurisdizione di questa Corte dei conti – è rappresentato dalla preesistente condanna penale irrevocabile del chiamato in responsabilità per la commissione di uno o più reati contro la pubblica amministrazione (Cass. Sez. Unite, sent. n. 9188 del 7 giugno 2012; Corte costituzionale, sent. 1° – 15 dicembre 2010, n. 355).

Ed invero, il d.l. n. 78 del 2009 – convertito dalla legge 102 del 2009 e coordinato con le modifiche introdotte dal d.l. n. 103 del 2009 a sua volta convertito dalla legge 141 del 2009 – all’art. 17, comma 30 ter, testualmente dispone che “Le procure della Corte dei conti esercitano l’azione per il risarcimento del danno all’immagine nei soli casi e nei modi previsti dall’articolo 7 dalla legge 27 marzo 2001, n. 97”.

Nel caso di specie sussiste il presupposto previsto dalla legge.

La dedotta lesione al prestigio della P.A. certamente trae origine dalla condotta delittuosa (oramai definitivamente accertata) tenuta dall’appellato – con grave detrimento per l’intero Corpo militare – stante la sua qualità di Comandante generale della Guardia di Finanza.

Perché si affermi il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale debbono sussistere tutti gli elementi costitutivi della struttura dell’illecito civile: condotta, nesso causale tra condotta ed evento di danno connotato dall’ingiustizia, consistente nella lesione non giustificata di interessi meritevoli di tutela, danno che ne deriva (danno – conseguenza).

Si è già detto che il danno all’immagine è pregiudizio conseguente alla violazione di un diritto (appunto all’immagine) che, assieme ad altre posizioni giuridiche soggettive attive (diritto alla reputazione, al nome, alla riservatezza), sono qualificati dall’ordinamento quali diritti inviolabili della persona e trovano tutela negli artt. 2 e 3 della Costituzione.

In estrema sintesi il sistema della responsabilità aquiliana è stato ricondotto dalla giurisprudenza più recente nell’ambito della bipolarità prevista dal codice civile tra danno patrimoniale (art. 2043) e danno non patrimoniale (art. 2059); il primo, quale clausola di chiusura dell’ordinamento, caratterizzato dalla atipicità e il secondo connotato, invece, dalla tipicità dei casi rilevanti a fini del risarcimento.

Dunque, è bene ripetere che, si intende, in generale, per danno all’immagine e al prestigio dello Stato o di persona giuridica pubblica il pregiudizio causato dal compimento di attività screditanti da parte di amministratori e dipendenti, o comunque di soggetti legati da rapporto di servizio con l’Amministrazione.

Circa la risarcibilità della specifica posta, l’unanime giurisprudenza della Corte dei conti ammette il ristoro del danno che consegue alla lesione del diritto all’immagine della P.A. (per tutte: SS.RR. sent. n. 1/QM del 2011; SS.RR. sent. n. 10/QM del 2003; Sez III centrale, sent. n. 143 del 2009; sent. n. 228 del 2012; n. 861 del 2011; Sez I centrale, sent. n. 16/A del 2002; n. 48/A del 2002,).

La giurisprudenza di questa Corte ha, altresì, chiarito la sussistenza della sua giurisdizione in materia anche in difetto di concomitante danno a bene patrimoniale (SS.RR. n.16/99/QM).

Riguardo ai presupposti per la risarcibilità del danno non patrimoniale patito dalla persona giuridica, la Corte di Cassazione ha statuito che il pregiudizio rileva per le conseguenze che genera, sia nell’agire dell’ente (e per esso dei suoi organi), sia sotto il profilo del discredito ingenerato nei consociati, con i quali la persona giuridica o l’ente di norma interagisca.

In entrambi i casi non si tratta di danno–evento ma di danno-conseguenza (Cass., sez. III, 4 giugno 2007, n. 12929).

Nel presente giudizio, la voce di danno in questione consiste nel grave nocumento arrecato al prestigio, all’immagine ed alla personalità pubblica del Corpo di appartenenza dell’appellato, a seguito della condotta delittuosa da lui tenuta.

E’ necessario precisare che il danno “non patrimoniale” previsto nelle anzidette disposizioni normative <anche se inteso come “danno c.d. conseguenza”, è costituito “dalla lesione” all’immagine dell’ente, “conseguente” ai fatti lesivi direttamente individuati dal legislatore come potenzialmente produttivi della lesione stessa (compimento di reati o altri specifici casi), da non confondersi con “le spese necessarie al ripristino”, che costituiscono solo uno dei possibili parametri della quantificazione equitativa del risarcimento> (Corte dei conti, SS.RR. sent. n. 1/QM/2011).

In merito alla misura del danno, il Giudice può avvalersi, nella determinazione equitativa ex art. 1226 c.c., di criteri oggettivi, soggettivi e sociali quali la capacità esponenziale dell’Ente danneggiato, la natura delle funzioni esercitate, l’ampiezza e la diffusione data dai mass media all’illecito, le modalità di realizzazione dell’illecito e la rilevanza del danno patrimoniale diretto eventualmente arrecato, oltre alla qualifica rivestita dall’autore dell’illecito e la sua collocazione nell’Amministrazione di appartenenza, intesa come capacità di rappresentarla all’esterno.

La quantificazione del danno non patrimoniale deve essere effettuata in via equitativa, tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto, con prudente apprezzamento del pregiudizio subito dall’Istituzione alla sua reputazione, cui è stato arrecato grave detrimento al prestigio acquisito negli anni attraverso la costante azione dei propri operatori, tra cui debbono annoverarsi proprio la prevenzione e repressione dei reati contro la P.A., determinando così nell’opinione pubblica sfiducia nell’operato delle Forze dell’ordine.

La Guardia di Finanza, Corpo che vanta quasi 240 anni di storia, espleta funzioni estremamente delicate non soltanto di polizia tributaria, per il contrasto all’evasione ed elusione fiscale, ma anche di polizia giudiziaria ed in molteplici settori, quali l’ordine e la sicurezza pubblica, la difesa politico-militare delle frontiere, connotandosi quale Forza di polizia a competenza generale su tutta la materia economica e finanziaria; inoltre, l’operato della Guardia di Finanza a tutela della legalità, gravemente minata dalla piaga dell’evasione fiscale, costituisce un insostituibile presidio del nostro Ordinamento.

Proprio per la realizzazione dei fini istituzionali, non ultimo il soccorso alle popolazioni colpite da calamità naturali, il Corpo ha investito in mezzi adeguati, comportanti un particolare impegno finanziario, al fine di meglio espletare le funzioni di polizia economica e finanziaria, a terra, in mare e nei cieli.

E’ evidente, quindi, quale sia l’importanza di un’elevata considerazione, da parte dell’opinione pubblica, non solo del Corpo in sé ma anche della sua immagine limpida e scevra da qualsiasi sospetto di utilizzo, a fini non istituzionali, dei beni al servizio della collettività: la centralità degli interessi a tutela dei quali è posta la Guardia di Finanza impone, infatti, che tutti gli appartenenti al Corpo – e, in particolare, i suoi vertici – tengano una condotta assolutamente irreprensibile ed esemplare. Di conseguenza, qualora ciò non accada, estremamente grave si presenta la lesione del prestigio dell’Istituzione proprio in considerazione dell’affidamento della collettività – chiamata, in particolare, a rispettare i propri obblighi tributari – sulla morigeratezza delle persone preposte a funzioni di tale delicatezza.

Ciò appare tanto più vero se si considera che, l’odierno appellato ha compromesso la reputazione dell’intero Corpo della Guardia di Finanza, che, tra l’altro, coadiuva quotidianamente anche l’attività requirente presso tutte le Sezioni regionali di questa Corte dei conti.

Il Collegio, pertanto, non può esimersi dall’osservare che il comportamento tenuto dall’appellato ha arrecato danno, ancor più marcato, proprio per il clamor fori specificatamente determinato dalla gravità dei reati commessi dall’alto ufficiale, il quale, Organo di vertice della Guardia di Finanza, nell’assolvimento dei doveri d’istituto, avrebbe dovuto lontanamente evitare di porli in essere.

In relazione all’addebito, non v’è dubbio che l’accusa abbia fornito piena prova mediante la produzione dei numerosi articoli di stampa, il riferimento alle molteplici informazioni televisive e radiofoniche – comprovanti un’ampia divulgazione della notizia – che hanno reso edotta l’opinione pubblica dell’illecita condotta in questione.

A causa del venir meno all’osservanza dei doveri di lealtà e fedeltà verso l’Amministrazione sono facilmente intuibili le negative conseguenze sul prestigio della Guardia di Finanza per la brusca perdita di fiducia verso quel Corpo a tutto discapito tanto del rispetto quanto della considerazione che i cittadini nutrono nei confronti dei singoli soggetti, titolari di così delicate funzioni, nonché dell’intera istituzione.

Nella determinazione del quantum del risarcimento debbono essere applicati i seguenti criteri indicatori: il valore del bene giuridico leso (personalità e immagine della P.A.), l’importanza della Amministrazione danneggiata e delle funzioni pubbliche sacrificate, la diffusività dell’episodio nella collettività, la gravità oggettiva dei fatti, l’improprio utilizzo dei beni mobili pubblici, l’uso del denaro pubblico in totale dispregio delle finalità del Corpo, la reiterazione degli illeciti, la qualifica dell’autore degli illeciti e il ruolo di vertice istituzionale del soggetto interessato.

Per queste ragioni anche questa domanda dell’appellante Procura regionale deve essere accolta e, in riforma della sentenza impugnata, l’appellato è da condannare a risarcire il danno in parola, arrecato all’Erario pubblico, determinato in complessivi Euro 170.000,00.

In conclusione, il risarcimento dei danni, conseguenti alla accertata responsabilità amministrativo contabile del generale SPECIALE, ammonta a complessivi euro 200.000,00 (importo arrotondato rispetto alla somma di euro 28.000,00 + 7.000,00 + 170.000,00, pari a complessivi euro 205.000,00) così come, in precedenza, determinati dal Collegio.

Sul predetto (complessivo) importo di euro 200.000,00 devono essere calcolati gli interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza e sino al soddisfo.

LA POSIZIONE DEL GENERALE BAIELLI

D. L’illecito utilizzo di velivoli militari e la spesa per il personale militare distratto dai compiti istituzionali

Al Generale div. Ugo BAIELLI si contesta di aver concorso a determinare le indebite spese sostenute dall’Amministrazione per l’illecito uso del velivolo ATR42 – nel giorno 26 agosto 2005 – e per il personale impegnato nell’operazione.

Preliminarmente il Collegio osserva che, per gli stessi fatti per cui oggi è causa, nei confronti del medesimo non è ancora intervenuta sentenza penale irrevocabile; di conseguenza, le risultanze delle sentenze penali, emesse nei vari gradi di giudizio, saranno liberamente valutate, al pari di ogni altro elemento acquisito al fascicolo di causa, ai fini della decisione demandata a questo Giudice.

Secondo la prospettazione effettuata nell’atto di citazione, la mattina del 26 agosto 2005, l’intervento del Generale – nella sua qualità di Comandante facente funzioni del Comando Aeronavale, in assenza del titolare – fu determinante per convincere il pilota ad effettuare il volo per il trasporto di pesce: “Fu solo a seguito dell’intervento del Gen. Baielli e, soprattutto a seguito dell’ordine da questi impartito, che la situazione si sbloccò” (pag. 12). A sostegno dell’assunto sono state indicate le testimonianze di tutti i soggetti presenti (militari e operai specialisti) che avevano assistito ai fatti.

Con la sentenza impugnata, la Sezione territoriale ha assolto il BAIELLI da ogni addebito, stante “la mancanza di qualunque elemento di prova sulla sua compartecipazione al presunto evento dannoso”.

In buona sostanza, il Giudice di prima istanza ha ritenuto non provato che l’intervento del Generale BAIELLI potesse considerarsi un vero e proprio ordine impartito dal superiore gerarchico al pilota e all’equipaggio. Ordine al quale i sottoposti non avrebbero potuto sottrarsi.

Sostiene al riguardo l’appellante Procura che l’alto ufficiale non poteva considerarsi incompetente ad impartire l’ordine di volo, essendo il militare “più alto in grado presente nell’aeroporto (…) al momento dei fatti”: egli, infatti, appreso che l’ordine di volo – (inizialmente) impartito dalla Centrale operativa del Comando generale –aveva subito variazioni circa le finalità del trasporto, avrebbe dovuto “avvertire la catena di comando ovvero il soggetto competente ad impartire detto ordine”.

Al riguardo occorre perciò chiarire se, nella condotta del generale BAIELLI, si configurino gli estremi di un necessario apporto causale alla realizzazione dell’illecito amministrativo contabile.

A tal fine, dall’analisi dei fatti documentati e accertati, come risultanti dal fascicolo di causa, è indubbio che l’ordine in questione – con radiomessaggio n. 6257/R del 24 agosto 2005 – fu trasmesso dalla Centrale operativa del Comando generale (COGEGUARFI/CENOP) al Comando operativo aeronavale (COAN, diretto da un Colonnello) e, solo per conoscenza, tra gli altri, anche al Comando aeronavale (diretto, in assenza del titolare, dal gen. BAIELLI in qualità di facente funzioni del Comandante).

Tale messaggio testualmente disponeva “Oggetto: Impiego velivolo ATR42 per trasferimento autorità giorni 26 e 27 ago 2005. 1. Per esigenze trasferimento autorità disponesi impiego aeromobile ART42 MP con partenza ore 10.00 giorno 26 agosto p.v. da aeroporto Roma – Pratica di Mare con destinazione aeroporto Bolzano ove permarrà sino at giorno 27 agosto p.v. per effettuare volo rientro su aeroporto Roma – Pratica di Mare previo imbarco Comandante generale et accompagnatori. 2. Autorizzasi contatti diretti con aiutante campo Comandante generale per definizione elementi attuativi dettaglio che saranno comunicati at questo COGEGUARFI/CENOP”, cioè alla stessa Centrale operativa del Comando generale.

La Procura appellante (pag. 16 e segg. dell’atto di gravame) sostiene che “a) l’ordine di volo (illegittimo) del 26 agosto era partito dal Comando Generale (quindi dal Gen. Speciale); b) il carico di pesce fresco era stato ordinato dal Generale personalmente presso un commerciante di sua conoscenza; c) la scelta di utilizzare l’aeromobile militare anziché un volo di linea per il trasporto del pesce partì proprio dal Gen. Speciale”. Tali risultanze sono state confermate dalle dichiarazioni dello stesso Comandante generale (già nelle deduzioni scritte in risposta all’invito ex art. 5, comma 1, L. n. 19 del 1994, in atti).

Al riguardo nell’atto di citazione è stato affermato che “l’input alla Centrale Operativa deriva dall’Ufficio del Comandante Generale e di certo non compete alla Centrale Operativa informarsi se il richiesto impiego del mezzo aereo è correlato a concrete esigenze di servizio. La richiesta dell’Ufficio del Comandante Generale è di per sé sufficiente per … mettere in moto la macchina organizzativa, che resta indifferente alle motivazioni del viaggio e di certo non sta a sindacare se lo spostamento è motivato o meno da ragioni vere o presunte di servizio. E’ dunque nella responsabilità del Comandante Generale evitare che il proprio Ufficio richieda un mezzo militare per soddisfare una esigenza di carattere personale” (pagg. 10 e 11).

Alla luce delle argomentazioni espresse, appare indubitabile che, nell’organizzazione del volo in questione, il generale BAIELLI non ebbe a offrire alcun apporto.

Tuttavia, la mattina del 26 agosto 2005, l’ufficiale pilota chiamato ad effettuare il viaggio riscontrò una variazione dell’ordine di volo (non più finalizzato al trasporto di autorità bensì all’imbarco di merce) e, per tali motivi, egli ritenne di doversi opporre a detto incombente senza la previa modifica dell’originario ordine di volo.

A questo punto la vicenda assume contorni meno netti, in quanto – dalle testimonianze acquisite dalla Polizia giudiziaria e nell’ambito del processo penale – è emerso che, sin dal giorno precedente, i componenti l’equipaggio erano stati informati che l’aereo avrebbe dovuto fare ritorno alla base nella stessa giornata del 26 agosto e non sostare (invece) fino al giorno successivo, come previsto nell’ordine scritto.

Nessuno dei militari interrogati al riguardo è stato in grado di indicare il responsabile della variazione.

In ogni caso, è accertato che, nella linea di Comando per l’autorizzazione del volo, non figurava il Comando Aeronavale diretto dal BAIELLI (cui il radiomessaggio n. 6257/R del 24 agosto 2005 era stato inviato solo per conoscenza); così pure risulta che – fino alla mattina del 26 agosto – l’alto ufficiale non fosse a conoscenza di variazioni, scritte o orali che fossero, intervenute sull’originario ordine di volo.

Al generale BAIELLI è stato contestato, sia in questa sede processuale sia nel giudizio penale, di essersi volontariamente intromesso nella vicenda e di aver impartito al pilota dell’aereo un ordine, senza averne il potere; ciò, probabilmente, al fine di “compiacere” il Comandante generale, suo superiore gerarchico.

Gli addebiti in trattazione, infatti, sono stati avanzati soltanto nei confronti del BAIELLI, mentre non figurano contestazioni a carico degli altri ufficiali, comunque, interessati nell’organizzazione e nella realizzazione del volo, poiché essi avrebbero agito in esecuzione dell’ordine (illegittimo) di Ufficiali superiori nella linea gerarchica.

Stante l’assenza di discrezionalità, i medesimi non avrebbero potuto sindacare le ragioni – di servizio o personali – dell’ordine loro impartito.

Il Collegio ritiene detta prospettazione non convincente.

Ed invero, delle due l’una: o il Generale BAIELLI – nella sua qualità di facente funzioni di Comandante del Comando Aeronavale – era in grado (avendone il potere) di impartire l’ordine di effettuare comunque il trasporto aereo, oppure il suo intervento sulla pista di volo e la conversazione avuta con gli altri militari presenti (in particolare, con il pilota), non potevano assumere valenza per superare le legittime rimostranze per la mancanza di un (nuovo e diverso) ordine scritto, necessario a giustificare la variazione delle finalità del viaggio.

In altri termini: l’aver affermato che il BAIELLI, senza averne il potere, si sia inserito volontariamente nella linea di Comando e abbia impartito l’ordine al solo fine di favorire il generale SPECIALE – con il quale si sarebbe sentito telefonicamente (ma la circostanza non è provata) – contrasta nettamente con il fatto (acclarato) che l’originario ordine di volo era già stato modificato fin dal giorno precedente; invero, come innanzi precisato, l’equipaggio era ben al corrente che l’aereo sarebbe rientrato in giornata e non avrebbe sostato a Bolzano la notte del 26 agosto per fare ritorno alla base il giorno successivo.

Le stesse incongruenze, peraltro, sono state rilevate anche dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 30280 del 2011 che ha annullato, con rinvio, la sentenza della Corte militare di appello n. 27 del 2010.

Al riguardo, la Suprema Corte ha osservato che “la Corte militare di appello non spiega tuttavia come la affermata estraneità del Generale Baielli alla catena di comando fosse compatibile con la rimodulazione della struttura organizzativa dei Comandi e reparti e dei Ruoli Aeronavali della Guardia di Finanza …. che vede sia il Comando Operativo Aeronavale sia il Centro Aviazione retti da un Colonnello, ed entrambi dipendenti in linea gerarchica dal Comando Aeronavale, retto da un Generale. Né spiega, la Corte di appello, su quale base fattuale fosse stata individuata la assenza di <competenze> del Baielli, anche soltanto per quel giorno”.

In buona sostanza, non risulta provato – anzi appare contraddetto – “il carattere non gerarchicamente vincolato dell’intervento del Baielli e la sua libera adesione, perciò agli scopi illeciti perseguiti dal Comandante Generale”.

Nonostante la vicenda del BAIELLI in sede penale sia ancora sub iudice, nella fattispecie de qua sussistono tutti gli elementi per addivenire ad una decisione di merito.

Ritiene la Sezione che la condotta illecita imputata al generale Baielli non è sufficientemente provata.

Non vi è prova della telefonata, asseritamente intercorsa tra i due odierni appellati (SPECIALE e BAIELLI) il giorno 26 agosto 2005, né sono state chiarite le ragioni per le quali il BAIELLI avrebbe dovuto scientemente concorrere alla commissione di un così grave illecito.

La mera acquiescenza alla ipotetica volontà espressa dal Superiore gerarchico non convince, atteso che si tratta pur sempre di valutare il comportamento di un Generale di Divisione della Guardia di Finanza, certamente non avvezzo a eseguire ordini – peraltro illegittimi e illeciti – bensì ad impartirli.

Neppure è stato dimostrato il nesso di causalità diretta della condotta tenuta dal BAIELLI nell’effettuazione del volo. Al riguardo, basti osservare che il pilota, pur avendo inizialmente richiesto un preciso ordine scritto, ha poi effettuato il trasporto senza riceverlo e, per di più, variando autonomamente la rotta di volo e la durata della missione.

Appare verosimile, pertanto, che nella catena di comando di organizzazione del viaggio, ben prima della mattina del 26 agosto, fossero intervenute variazioni, di cui l’equipaggio era al corrente e alle quali si è attenuto.

Senza contare, infine, che nel radiomessaggio n. 6257/R non si coglie alcun riferimento al trasporto di Autorità nel volo di andata del giorno 26 agosto. Dal tenore letterale del dispaccio si intende che l’aereo doveva partire il giorno 26 agosto, sostare a Bolzano nella notte, per poi effettuare il rientro, il giorno successivo, con a bordo il Comandante generale e i suoi accompagnatori (Per esigenze trasferimento autorità disponesi impiego aeromobile ART42 MP con partenza ore 10.00 giorno 26 agosto p.v. da aeroporto Roma – Pratica di Mare con destinazione aeroporto Bolzano ove permarrà sino at giorno 27 agosto p.v. per effettuare volo rientro su aeroporto Roma – Pratica di Mare previo imbarco Comandante generale et accompagnatori).

Ogni perplessità del pilota in relazione al viaggio in questione, pertanto, avrebbe potuto facilmente essere chiarita attraverso gli ufficiali responsabili del volo e, caso mai, se proprio necessario, interpellando l’Aiutante di campo del Comandante generale, dal quale l’input era partito.

Del resto, la circostanza che l’addotto intervento del BAIELLI sia stato interpretato dal pilota come un ordine perentorio pone l’ufficiale nella stessa posizione degli altri militari intervenuti nella vicenda.

L’impossibilità di sindacare l’ordine della Centrale operativa del Comando generale –o se si vuole, l’assenza di discrezionalità nel valutare le ragioni dell’utilizzo dell’aeromobile – pone tutti, compreso il BAIELLI nella medesima posizione.

Viene a mancare cioè la ragione per cui al BAIELLI – e non ad altri – sia stato contestato di aver agito volontariamente, in carenza di potere, al solo fine di compiacere il Comandante generale della Guardia di Finanza.

Per tutte le ragioni espresse, nella fattispecie oggetto di causa manca la prova della condotta illecita tenuta dall’appellato e del nesso causale tra la condotta e l’evento dannoso verificatosi.

E. Il danno all’immagine del Corpo militare della Guardia di Finanza

Nei confronti del Generale Baielli non sussiste la responsabilità amministrativo contabile per aver concorso a determinare il grave nocumento all’immagine del Corpo militare; manca, invero, il presupposto per l’esercizio dell’azione e, nel merito, può escludersi che l’appellato, con il proprio comportamento, abbia concorso alla causazione del vulnus:

Quanto al presupposto, tenuto conto di quanto rilevato in via generale sulla natura e sulla qualificazione del danno all’immagine, la Sezione non può che prendere atto della disciplina di legge che, per le pubbliche amministrazioni, ha limitato la specifica tutela ai soli casi conseguenti alla commissione di delitti di cui al capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, accertati con sentenza passata in giudicato;

nel merito, per le ragioni illustrate, il comportamento tenuto nella vicenda dall’appellato non configura un’ipotesi di condotta illecita idonea a determinare il discredito del Corpo di appartenenza.

Conclusivamente, per quanto riguarda la posizione del generale BAIELLI, la sentenza impugnata la sentenza impugnata è da confermare in parte qua e il predetto deve essere assolto da ogni addebito, con diritto al rimborso delle spese di difesa come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE DEI CONTI – III SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO

definitivamente pronunciando, ogni avversa istanza eccezione e deduzione respinta, accoglie parzialmente l’appello proposto dalla Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale per il Lazio avverso la sentenza n. 1537/2009 della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Lazio e, per l’effetto:

condanna il Gen. Roberto SPECIALE al pagamento, in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze – Corpo della Guardia di Finanza, del complessivo importo di euro 200.000,00 (duecentomila/00), comprensivo di rivalutazione monetaria, a titolo di responsabilità amministrativo contabile per i danni di cui in parte motiva. Sul predetto complessivo importo spettano gli interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza e sino al soddisfo. Le spese del doppio grado di giudizio sono a carico del soccombente e sono determinate in euro 1.363,71 (milletrecentosessantatre/71) ;

respinge l’appello per il Gen. Ugo BAIELLI e conferma l’importo di euro 3.000,00 (tremila/00) per le spese legali, relativo complessivamente ad entrambi i gradi di giudizio.

Così deciso nella Camera di Consiglio del 27 febbraio 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

F.to Dott.ssa Maria Nicoletta Quarato

F.to Dott. Ignazio de Marco

Depositata in Segreteria il 22/07/2013

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