L’Agenzia per i beni confiscati: usiamo quei soldi per trovare i latitanti. Il prefetto Caruso: “Risorse bloccate ma poi non c’è benzina per le auto della polizia”. Polemica sui gestori dei patrimoni: “Parcelle d’oro per non fare nulla”
C’è un tesoro dimenticato nelle mani di Equitalia. Due miliardi e passa di euro. Soldi sporchi di sangue e di affari, soldi sottratti alle mafie e al malaffare, ma anche soldi “negati” a chi, per mancanza di fondi, non riesce a garantire giustizia e sicurezza.
“Mi risulta che nel Fondo unitario per la giustizia ci sia un miliardo di euro in contanti ed un altro miliardo in titoli ed assicurazioni”, dice il prefetto Giuseppe Caruso, direttore dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati. “Come mai non vengono assegnati al ministero dell’Interno che ha difficoltà persino a pagare la benzina per le volanti o per chi cerca i latitanti? “.
Equitalia non sa esattamente quanto ha in cassa (i dati sono fermi al 2012), sa solo che in quattro anni, dal 2008 (quando è stato istituito il Fug) al 2012, tra soldi contanti e titoli riscossi confiscati, sono stati riversati alla Ragioneria generale dello Stato 209 milioni e 300 mila euro. Poco più del 10 per cento.
L’affondo di Caruso è solo l’ultima scossa di un terremoto che sta scuotendo il “mondo” dei patrimoni sottratti alle mafie, un tesoro che vale quanto una Finanziaria, difficile da quantificare esattamente ma di sicuro oltre 30 miliardi di euro: più di 11.000 immobili e 1.700 aziende dislocati per l’80 per cento tra Sicilia, Calabria, Puglia e Campania anche se da qualche tempo anche in Lombardia e Lazio i colpi al cuore dell’economia criminale si sono moltiplicati.
“I beni confiscati dovrebbero essere riutilizzati a fini sociali ed essere restituiti alla collettività e invece, in troppi casi, e per troppi anni, sono stati considerati “beni privati” da alcuni amministratori giudiziari che li hanno considerati come fortune sulle quali garantirsi un vitalizio”, accusa Caruso. Parcelle d’oro, amministratori giudiziari che sono anche presidenti dei consigli di amministrazione delle aziende confiscate, patrimoni gestiti per decenni dalle stesse persone senza che il bene o le società vengano assegnati o liquidati. La durissima denuncia lanciata dal prefetto Caruso su Repubblica è finita in Parlamento e sul tavolo del governo e il direttore dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati è stato convocato per oggi dalla presidente della commissione antimafia Rosy Bindi e dal viceministro Filippo Bubbico per fornire chiarimenti sulle motivazioni che, negli ultimi mesi, lo hanno indotto a sostituire alcuni dei più noti amministratori giudiziari nominati dalle sezioni “Misure di prevenzione” dei tribunali per gestire gli enormi patrimoni sottratti ai boss di Cosa nostra e ai loro prestanome. Cambio alla guida dell’impero immobiliare miliardario già dei costruttori Piazza e Sansone (uomini di fiducia dei Graviano e di Riina), al patrimonio dell’ingegnere Michele Aiello (braccio economico di Provenzano), alla testa dei supermercati del “re della grande distribuzione” Giuseppe Grigoli, fiduciario del superlatitante Matteo Messina Denaro.