Chi odia le Puttane?

gennaio 8, 2014
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Ve lo dico io. Chi si ostina a sostenere che legalizzare la prostituzione sia una pessima idea.

Io sono un uomo, non ho la vagina, quindi secondo molti e molte non ho voce in capitolo. Non ce l’ho perché come tutti gli uomini, sotto sotto, non capisco, non posso capire il dramma della prostituta, della donna che vende il suo corpo. Crediamo che possa essere una libera scelta ed invece non lo è, non può esserlo, mi dicono. Perché una donna veramente libera mai e poi mai sceglierebbe quella strada. Piuttosto il salario men che minimo per spalare merda da un letamaio ad un altro,  a mani nude, ma farsi violare per denaro mai.

Noi non lo capiamo, perché scopare per denaro nelle nostre menti da maiali sessuomani figli di puttana è una figata senza senso e se fossimo tutti Rocco Siffredi ci staremmo mettendo la firma in questo preciso istante.

Dato che non sono uno sprovveduto e riconosco la forza e la sofisticata perfidia di questo argomento, non dibatterò circa la libertà individuale di compiere in autonomia le proprie scelte, sotto la tutela dello Stato e delle istituzioni.

Lo sappiamo tutti cosa significa fare la puttana oggi in Italia. Significa essere essenzialmente peggio di una schiava. Significa lavorare per uno sfruttatore che ti costringe a scopare con degli sconosciuti, spesso e volentieri ubriachi, violenti, malati nel fisico e nella mente. Significa prendere due soldi, spesso nulla, a parte una ricca gragnuola di botte per questo. Senza nessuna possibilità di emanciparsi, un domani. Significa rimanere incinte ed abortire diverse volte, spesso clandestinamente o magari in seguito all’ennesimo pestaggio. Significa un altissimo rischio di contrarre malattie e morire di una morte lenta, dolorosa e orrenda. Morire da sole, povere e dimenticate da chiunque, oppure sopravvivere, campando ogni giorno così, nella paura, nel dolore, nell’ossessione costante al pensiero di chi sarà il prossimo a stuprarci a farci sanguinare le guance, la fica e il cuore.

Se lo chiedeste a me vi direi che è una vera merda, che più di così non si può.

Persino nel mondo più bello tra i mondi possibili le puttane ci saranno dopo la mia morte e, che Dio li benedica, continueranno ad esserci dopo la morte dei nipoti dei miei nipoti. Perché il desiderio di una scopata in contanti è una domanda inesauribile in economia, superiore persino a quella di sballarsi di cocaina o farsi una trella al parco. Non esiste educazione che argini il desiderio, non c’è virtuoso che non ne sia affetto, figuriamoci tutti gli altri.

Quand’anche al mondo rimanessero tante puttane da contarle sulle dita di una sola mano, sarebbe assurdo lasciarle vivere la vita indegna che tutti sappiamo.

Legalizzare la professione rappresenterebbe all’istante un miglioramento stretto delle condizioni di vita di milioni di donne nel mondo e non solo. E adesso vi dico perché.

 

  • Lavorare per uno sfruttatore non sarà più necessario. Continueranno ad esserci? Certo. Molti di meno, sempre di meno, col tempo. Nascerà il popolo delle partite IVA dalla scopata facile. Imprenditrici indipendenti che lavorano in proprio o in cooperativa. Nessuno le picchia, nessuno le deruba. E se anche solo un terzo delle puttane nel mondo riuscisse in questo modo ad affrancarsi, avremmo vinto noi. Punto.
  • Non si sarebbe più inesistenti agli occhi dello Stato. Si potrebbero stipulare contratti di lavoro, contratti che devono essere onorati, in violazione dei quali si potrebbe agire legalmente. Sorgerebbe un sindacato, che vitupero spesso e volentieri, ma guai se non ci fosse. Ed infatti per le puttane, che non ce l’hanno mai avuto, i cazzi sono amarissimi. E se anche solo un quarto di tutte le mignotte fosse più tutelato dalle istituzioni, avremmo vinto noi. Punto.
  • Si potranno scegliere i propri clienti. Via se non sono in vena, via se sei ubriaco, via se non mi fai vedere un certificato medico, via se anche solo mi pare che tu possa essere un violento. E se poi ti riveli tale, nel mio bordello c’è un servizio di sicurezza, un tipo bello grosso, stipendiato da me, che se urlo entra, ti spacca il culo prima e ti denuncia alla polizia subito dopo. E se anche solo un quinto delle prostitute riescono ad essere più sane e più sicure in virtù della legalizzazione, vinciamo noi. Punto.
  • Le mignotte potranno maturare una pensione e versare regolarmente contributi. Meglio per loro, per i loro figli, per i loro compagni e per la comunità. Senza contare che ogni euro che finisce diretto in tasca a una battona è un euro in meno a circolare nelle mani della malavita organizzata. E se anche solo un decimo di questi soldi finissero nel luogo giusto, avremmo sempre vinto noi. Punto.
  • Si potrà cambiare vita. Una puttana che guadagna bene, molto bene e risparmia molto, in qualche anno accumula una mole di denaro non indifferente. E se si sentiva costretta a fare quello che faceva per necessità, bhe, il denaro non darà la felicità, ma a renderti indipendente non ha molti rivali. Può cambiare vita, se lo vuole, con il culo coperto. E se anche solo un ventesimo delle donne che si sentono costrette a prostituirsi riuscisse ad uscire dal giro, anche stavolta avremmo vinto noi. Punto.

Legalizzare la prostituzione in Italia, come in qualunque altra parte del mondo, potrebbe non portare benefici ad ogni puttana. Quello che è certo è che ne porterebbe molti ad una quota decisamente non trascurabile.

Possiamo intraprendere questa strada subito e porre fine a uno stato di autentica tortura per molte, oppure possiamo gingillarci con vacui discorsi sull’Etos di un popolo e su come insegnare a scuola che fare sesso per soldi sia molto molto brutto. O ancora meglio, fare quello che abbiamo sempre fatto fino ad ora, 10, 100, 1000, un milione di poliziotti per le strade, ad arrestare chi? Sempre un pesce troppo piccolo, che lascia spazio ad altri pesci come lui, in un batter d’occhio.

Possiamo farlo, lo abbiamo sempre fatto, perché in fin dei conti siamo nobiluomini e nobildonne, diamine, lo siamo sempre, fintanto che il culo, il sangue e la vita ce li rimetta qualcun’altra.

Francesco Saverio Salonia e Simone Ferro

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