Roma, maiali, cassonetti, i curriculum di Ignazio Marino. Repubblica: “Disastro”

gennaio 4, 2014
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Ignazio Marino, sindaco di Roma impegnato a fare dimenticare il tanto biasimato predecessoreGianni Alemanno, sta scivolando in una palude di spazzatura o “monnezza” come la chiamano a Roma. La foto dei maiali che grufolano felici tra i cassonetti nel rione semi periferico di Boccea hanno fatto il giro del mondo e hanno scatenato la furia di Francesco Merlo, che a Ignazio Marino e alla “monnezza” di Roma ha dedicato un articolo devastante.

Francesco Merlo non ama Ignazio Marino e ha già scritto di lui parole al vetriolo. Non gli si può dare torto e anzi ammirarlo per la sua voglia di criticare Ignazio Marino su un giornale, Repubblica, che di Ignazio Marino ha fatto una specie di Madre Teresa. In realtà Ignazio Marino sarà anche un bravo medico, sarà anche un politico abile, ma come amministratore della capitale d’Italia si sta rivelando davvero pessimo e totalmente incapace.

Francesco Merlo è lasciato di sale dalle parole del sindaco Ignazio Marino e dell’assessore competente, Estella Marino (che, precisa, non sono parenti)i quali definiscono la

“sconcertante foto dei maiali che grufolano tra i rifiuti di Roma come «una situazione reiterata e in parte creata ad arte» […] evocando il complotto dei maiali, forse il porco-Napoleone di Orwell”.

“«Stiamo facendo verifiche». E lo sproloquio comunale riserva altre sorprese, proprio come uno di quei cassonetti che attorno a Fontana di Trevi vengono rovistati alle 5 del mattino dalle bande dei barboni scortati dai cani. Il sindaco infatti dichiara: «La spazzatura irrita me più ancora delle romane e dei romani» e dunque «stiamo esaminando da qualche settimana i curricula più prestigiosi per cambiare la leadership».

“Come vedete, in un solo straparlio ci sono tutti i tic ideologici e tutte le cautele da tartufo del linguaggio: “le verifiche”, la cospirazione suina, “le romane e i romani”, “la leadership”, i “curricula più prestigiosi”.

“Ma purtroppo non è con l’igiene della lingua che si pulisce Roma. Questo è un codice di indignazione che fa il paio con il famoso vestito da spalaneve indossato da Alemanno: a ciascuno la sua demagogia. La verità è che, anche per il sindaco di sinistra come fu per quello di destra, la preoccupazione dell’immagine, comprensibile entro certi limiti, prevale ormai su tutto”.

Destra e sinistra ormai pari sono. I maiali di Marino sono stati preceduti da altri maiali, quello della festa di militanti del Pdl cui partecipò anche l’allora presidentessa della Regione Lazio Renata Polverini.

Viene da proporre che un maiale sostituisca la lupa come simbolo di Roma.

Comincia lo sfottò sulla facile e un po’ fessa demagogia messa in atto da Ignazio Marino

“che va in giro in bici e non sfreccia in auto blu”,

e che pertanto

“avrebbe dovuto sapere com’è ridotta Roma almeno da quando è stato eletto, se non altro per evitare che la situazione peggiorasse come sta accadendo in queste settimane. E invece per irritarlo c’è voluta la foto dei maiali”

che ha fatto il giro del mondo, fino a un giornale della provincia inglese, il Susex, dove lo stesso Merlo era in vacanza:

“È come se il sindaco vivesse all’estero e avesse bisogno delle immagini più strambe per scoprire che la sporcizia a Roma fa subito plebaglia da esportazione.

“Attenzione: non stiamo parlando qui del problema delle discariche e del riclico, ma della manutenzione normale, roba da ramazza, sporcizia ordinaria di una città che una volta, diceva Moravia, era disordinata e perciò sembrava sporca. Mentre adesso, nel disordine generale, solo la sporcizia è ordinata. E addirittura è pianificata. Chi decide di sporcare sa infatti dove collocare i propri sacchetti, e chi decide di non pulire sa dove non deve andare”.

[…]

“Davvero basterebbe al signor Sindaco una passeggiata a piedi, senza pubblicità e senza fotografi, per accorgersi dove si sono trasferiti i brutti sporchi e cattivi del cinema, che il gioioso Colle Oppio è ridotto a triste e infetto letamaio, e che Alberto Sordi e Silvana Mangano oggi “lo scopone scientifico” lo giocano tra le lamiere della sosta abusiva, nelle stradine più belle del mondo che sembrano gli studios di un nuovo neorealismo, non più straccione e poetico ma lercio e umiliante, non sottoprelatariato ma sottosviluppo.

“E forse davvero è riassuntivo di tutto il Paese quel prato che fa risacca attorno alle fondamenta diCastel Sant’Angelo. Già dall’alto vi fanno spicco i giallo bruni degli escrementi. Nessuno lo pulisce, nessun se ne cura: è il gabinetto dei cani. E Castel Sant’Angelo è preso d’assedio dai topi. Prima sotto i cassonetti ho notato il nereggiare di un piccola folla aggrumata, poi, come in un vero spettacolo di orrore, le sorche d’acqua e i ratti di venti centimetri si sono disputati i rifiuti in tutta tranquillità, mentre due turisti giapponesi, con la macchina fotografica pendula sul petto, li scrutavano con degli aggeggi che somigliavano a piccoli binocoli fosforescenti.

[…]

Altra cosa che a Francesco Merlo, come a quei pochi, sempre meno, che non amano etichette, slogan e pregiudizi ideologici, è la passione di Ignazio Marino per i curriculum, che tra l’altro ha già portato Ignazio Marino alla figuraccia della nomina di un comandante dei vigili che peraltro non aveva nemmeno, già a leggere il curriculum, i requisiti richiesti (segno che quella dei curriculum è tutta una messa in scena e che le decisioni sono prese in altro modo, magari a insaputa del sindaco).

Così  Francesco Merlo ricorda, per il bene del sindaco Ignazio Marino, un episodio di due mesi prima. quando, il 29 ottobre, invitato dal neo senatore a vita Renzo Piano,  ha

“vissuto con lui la sua prima giornata in Senato. Ebbene, l’architetto fece togliere dalla sua stanza a palazzo Giustiniani, come fosse spazzatura, gli arredi umbertini, gli arazzi di gusto rinascimentale, le Savonarola, i Fratini e le consolle dorate sostituendo il tutto con un grande tavolo di compensato attorno al quale fece sedere architetti, ingegneri e intellettuali. Spiegò che avrebbe utilizzato il suo salario di senatore a vita per finanziare i progetti di dieci giovani studiosi. E pregò i presenti di selezionarli: «Ma per favore non con i curricula. Migliori sono i curricula e peggiori sono le persone»”.

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