Equitalia deve tirar fuori le cartelle non notificate al contribuente che teme pignoramenti presso terzi

novembre 7, 2013
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Il divieto di accesso nei procedimenti tributari non vale dopo l’accertamento: in un mese il concessionario deve dar copia degli atti che l’impresa sostiene di non avere mai ricevuto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1879 del 2013, proposto da:
Motor Tecnica S.R.L., rappresentato e difeso dall’avv. Vincenzo Maradei, con domicilio eletto presso Francesco A. Caputo in Roma, via Ugo Ojetti, 114;

contro

Equitalia Sud Spa Già Equitalia Etr Spa, rappresentato e difeso dall’avv. Enrico Fronticelli Baldelli, con domicilio eletto presso Enrico Fronticelli Baldelli in Roma, via Cavalier D’Arpino, N.8;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA – CATANZARO :SEZIONE I n. 00081/2013, resa tra le parti, concernente silenzio serbato su istanza di accesso alle cartelle esattoriali

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Equitalia Sud Spa Già Equitalia Etr Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 30 luglio 2013 il Cons. Sergio De Felice e uditi per le parti gli avvocati Donato D’Angelo su delega dell’avvocato Vincenzo Maradei e Marco Orlando su delega dell’avvocato Enrico Fronticelli Baldelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Catanzaro, l’attuale appellante società Motor Tecnica srl in liquidazione, agiva per l’annullamento del silenzio rigetto sulla istanza di accesso ai documenti inoltrata in data 24 aprile 2012 e ricevuta in data 26 aprile 2012, al fine di ottenere copia con relativi referti di notifica, di tutte le cartelle esattoriali emesse nei propri confronti motivando la richiesta in considerazione della notizia, informalmente appresa, della esistenza di svariate cartelle esattoriali emesse nei confronti della Automeccanica Cosentina spa, ora Motor Tecnica srl, pur senza avere mai ricevuto la relativa notifica.

Rispetto a tale richiesta Equitalia rimaneva silente e inerte, con conseguente necessità di attivare il rimedio proposto.

In giudizio resisteva Equitalia, deducendo la tardività del ricorso, perché, risalendo la istanza al 26 aprile 2012, il silenzio rifiuto si sarebbe concretizzato in data 26 maggio 2012, mentre il ricorso è stato notificato in data 26 giugno 2012 e cioè oltre i trenta giorni; deduceva la inammissibilità riguardando la richiesta tutte le cartelle esattoriali emesse; rilevava la inesistenza del diritto di accesso trattandosi di procedimenti tributari.

Il giudice di primo grado, in accoglimento della dedotta eccezione, dichiarava la tardività del ricorso, che avrebbe dovuto essere proposto entro il giorno 25 giugno 2012 (lunedì) mentre era stato proposto il giorno dopo (il 26 giugno 2012).

Avverso tale sentenza viene proposto appello deducendo: 1) in primo luogo la tempestività del ricorso per avvenuta consegna del ricorso all’ufficiale giudiziario della Corte di Appello di Catanzaro in data 25 giugno 2013 e costituendo principio in materia che debba aversi riguardo, ai fini del perfezionamento da parte di chi è onerato, al momento della consegna e non della effettiva notifica (che rileva invece nei confronti del destinatario da tale data); 2) nel merito, la fondatezza della pretesa, dovendosi ritenere che anche l’avvenuto deposito degli estratti di ruolo in giudizio non sarebbe sufficiente a considerare assolti gli obblighi di accesso in favore dell’istante, dovendosi ritenere necessaria la integrale produzione di ciascuna cartella esattoriale con relative notifiche per consentire all’interessato o ricorrente di avere certezza in ordine al complessivo ammontare ed alle relative causali delle pretese tributarie o fiscali a suo nome.

Si costituiva Equitalia deducendo la infondatezza del ricorso, ribadendo la tardività del ricorso originario, la sua inammissibilità per estrema genericità e la sua infondatezza.

Alla camera di consiglio del 30 luglio 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

L’appello è fondato.

E’ errata la pronuncia di prime cure, laddove ha concluso per la tardività del ricorso originario.

Con riguardo alla tardività del ricorso originario, l’art. 116 c.p.a. al primo comma dispone che il ricorso per l’accesso vada proposto mediante notificazione entro trenta giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio.

Come deduce l’appellante e contrariamente a quanto ha statuito il primo giudice, deve tenersi conto del principio (espresso dal Giudice delle leggi con sentenza n.477 del 2002) secondo cui il momento in cui la notifica deve ritenersi perfezionata per il notificante deve distinguersi da quello in cui deve ritenersi perfezionata nei confronti del destinatario.

A seguito della sentenza della Corte cost. n. 477 del 26 novembre 2002, le cui statuizioni sono state poi recepite in via legislativa dall’art. 2 comma 1 lett. e), l. 28 dicembre 2005 n. 263, è stato stabilmente introdotto nell’ordinamento giuridico il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione, di guisa che per il notificante essa si intende perfezionata al momento della consegna del plico all’ ufficiale giudiziario , mentre per il notificatario il perfezionamento si determina solo al prodursi della legale conoscenza dello stesso (tra tante, Consiglio Stato sez. V, 9 marzo 2009, n. 1365).

Sotto tale profilo, quindi, la sentenza è errata e deve accogliersi il primo motivo di appello, essendo il ricorso originario stato proposto entro i trenta giorni dal termine in cui si era formato il silenzio avverso la richiesta di accesso.

In ordine alla richiesta di accesso, ai sensi dell’art. 26, d.P.R. n. 602 del 1973, è fondata l’istanza del contribuente, spiegata nei confronti del concessionario della riscossione (nella specie, a fronte del timore dell’esposizione ad una azione di pignoramento presso terzi), finalizzata ad accedere alle cartelle esattoriali ed alle relative intimazioni, assumendo di non avere mai ricevuto le corrispondenti notifiche.

L’avvenuto deposito degli estratti di ruolo non sarebbe sufficiente a considerare assolti gli obblighi di accesso richiedendosi la integrale produzione di ciascuna cartella esattoriale con relative notifiche per consentire all’interessato odierno appellante di avere certezza in ordine al complessivo ammontare ed alle relative causali delle pretese fiscali o tributarie a suo nome.

Non costituisce giusta ragione del diniego il fatto che si tratti di procedimenti tributari, al fine di escludere il diritto all’accesso, né che la richiesta della Motor Tecnica riguardi ben 55 cartelle di pagamento.

Sebbene l’art. 24, l. n. 241 del 1990 escluda il diritto d’ accesso, tra l’altro, nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano, è da ritenere che la detta norma debba essere intesa, secondo una lettura della disposizione costituzionalmente orientata, nel senso che la inaccessibilità agli atti di cui trattasi sia temporalmente limitata alla fase di pendenza del procedimento tributario, non rilevandosi esigenze di segretezza nella fase che segue la conclusione del procedimento con l’adozione del procedimento definitivo di accertamento dell’imposta dovuta sulla base degli elementi reddituali che conducono alla quantificazione del tributo. In ragione di ciò deve riconoscersi il diritto di accesso qualora l’Amministrazione abbia concluso il procedimento, con l’emanazione del provvedimento finale e quindi, in via generale, deve ritenersi sussistente il diritto di accedere agli atti di un procedimento tributario ormai concluso.

D’altra parte, l’interesse del contribuente alla ostensione degli atti che sono posti a presupposto o propedeutici a procedure di riscossione è riconosciuto anche in via legislativa, ponendo precisi obblighi in capo al concessionario alla riscossione.

Ai sensi dell’art. 26 del DPR 29 settembre 1973, n. 602, recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, “il concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso del ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione“.

L’art. 26 comma 4, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, nel disporre che il concessionario di esattoria deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione, introduce due obblighi per la Società concessionaria: la conservazione per cinque anni; l’obbligo di esibizione a richiesta del contribuente; conseguentemente, dal momento che la cartella esattoriale costituisce presupposto della iscrizione di ipoteca immobiliare, la richiesta di accesso, ai sensi degli artt. 22 ss., l. n. 241 del 1990, alla cartella è strumentale alla tutela dei diritti del contribuente in tutte le forme consentite dall’ordinamento giuridico ritenute più rispondenti ed opportune; la cartella esattoriale deve essere rilasciata, in copia, dalla società concessionaria al contribuente che abbia proposto, o voglia proporre ricorso avverso atti esecutivi iniziati nei suoi confronti.

La norma introduce due obblighi per la Società concessionaria: la conservazione per cinque anni; l’obbligo di esibizione – quale forma di accesso speciale – a richiesta del contribuente.

Dal momento che la cartella esattoriale costituisce presupposto di procedure esecutive la richiesta di accesso alla cartella è strumentale alla tutela dei diritti del contribuente in tutte le forme consentite dall’ordinamento giuridico ritenute più rispondenti ed opportune essa deve essere rilasciata, in copia, dalla società concessionaria al contribuente che abbia proposto, o voglia proporre ricorso, avverso atti esecutivi iniziati nei suoi confronti.

Ritenere (come vorrebbe la società resistente) diversamente implicherebbe, sostanzialmente, introdurre una limitazione all’esercizio della difesa in giudizio del contribuente, o, in ogni caso, rendere estremamente difficoltosa la tutela giurisdizionale del contribuente che dovrebbe impegnarsi in una defatigante ricerca delle copie delle cartelle.

La detta limitazione colliderebbe con i principi costituzionale che garantiscono la tutela giurisdizionale, e con il principio, di rango costituzionale, di razionalità.

Ciò è sufficiente a sostenere l’azione dell’appellante, il quale, temendo di trovarsi esposto ad una azione di pignoramento da parte del concessionario per la riscossione, ha chiesto di poter accedere alle cartelle esattoriali ed alle relative intimazioni proprio in quanto assume di non avere mai ricevuto le corrispondenti notifiche, aspetto questo che evidenzia in punto di interesse, quale sia la posizione di diritto che il ricorrente possiede in ordine all’accesso medesimo.

Il ricorso in appello è dunque fondato e come tale va accolto, ordinando alla resistente società Equitalia spa di esibire i documenti richiesti dal ricorrente e di rilasciarne copia.

Per le considerazioni che precedono in accoglimento dell’appello e in riforma dell’appellata sentenza il ricorso va accolto, e per l’effetto va ordinato alla appellata società Equitalia di esibire copia delle cartelle e delle relative notifiche all’appellante.

La condanna alle spese del doppio grado di giudizio segue il principio della soccombenza; le spese sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto ordina alla appellata società Equitalia di esibire copia delle cartelle e delle relative notifiche all’appellante entro il termine di giorni trenta dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.

Condanna la parte appellata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidandole in complessivi euro tremila.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 luglio 2013 con l’intervento dei magistrati:

 

Nicola Russo, Presidente FF

Sergio De Felice, Consigliere, Estensore

Fabio Taormina, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere

Francesca Quadri, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 26/09/2013

 

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