Responsabilità degli enti pubblici per il degrado di monumenti per mancanza di manutenzione ordinaria

ottobre 23, 2013
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TRIBUNALE DI PALERMO

SEZIONE GIUDICE INDAGINI PRELIMINARI
Ordinanza di rigetto di istanza di archiviazione
ex art. 409 c.p.p..
Il Giudice, dott.ssa Marina Petruzzella;
nel procedimento iscritto contro IGNOTI,
IN ORDINE
ai reati previsti agli artt. 677 e 733 c.p., all’art. 44 lett.b DPR n.380/01 e all’art. 6 DL n.172/2008, relativamente :
1) al danneggiamento del bene del patrimonio storico artistico, costituito dal complesso monumentale denominato STAND Florio, di Palermo;
2) all’esecuzione di manufatti abusivi;
3) all’abbandono di rifiuti nel medesimo sito;
sull’istanza di archiviazione che il PM ha avanzato, relativamente ai reati di cui agli artt. 733 c.p., 44 lett. B DPR n. 380/01 e art. 6 DL n.172/2008;
a scioglimento della riserva di cui all’udienza del 18 giugno 2013;
OSSERVA
1. I FATTI
Importanza storico artistica e culturale dello Stand Florio
Sussistenza del vincolo culturale, paesaggistico e idrogeologico
Segnalazioni della Polizia Municipale Nucleo Tutela Patrimonio Artistico di Palermo, circa lo scempio del monumento
Ogni valutazione sul materiale d’indagine impone di conoscere preliminarmente l’importanza del monumento e del sito, in cui sono stati rilevati gli scempi impietosi descritti e fotografati dalla PG (cnfr. anche la documentazione fotografica della PG).
Lo Stand Florio, gioiello liberty del celebre architetto Ernesto Basile, si presenta sulla via Messina marina, in uno dei tratti più suggestivi del litorale palermitano (a ridosso del centro storico). E’ un piccolo padiglione caratterizzato da una connotazione moresca, del quale spicca subito la cupola rossa con in cima un pinnacolo in ferro. E’ stato uno dei primi manufatti realizzati in Sicilia con tecniche moderne e con l’uso del ferro.
Risulta inserito col n. 354 nell’elenco degli edifici di interesse monumentale e ambientale allegato al Piano Regolatore Generale di Palermo, e rappresenta un’ originale rielaborazione modernissima dell’eclettismo tardo ottocentesco, che ha avuto nel Basile e nelle sue opere (tra le quali l’allestimento dell’esposizione Nazionale di Palermo del 1981-82) il massimo esponente; espressione della società civile fin-du-siecle; la sua conservazione e il riuso consentono una lettura della storia della città -atto di declaratoria di interesse storico-artistico della Soprintendenza per i beni culturali e ambientali del 5 maggio 1981-).
Sul monumento grava quindi innanzitutto, dal 1981, un vincolo storico-artistico della Soprindentenza dei beni culturali (ed è pertanto vincolato ope legis ex Legge n.1089/39).
Di proprietà dello Stato e poi della Agenzia del demanio, iscritto tra i beni patrimoniali alla scheda 389, è stato riconosciuto di particolare interesse storico-artistico, in base alla legge 1089 del 1939, proprio in ragione del suo notevole valore ed interesse storico-artistico.
E’ importante rilevare che sull’area gravano inoltre un vincolo di inedificabilità assoluta, ex l.reg.78/1976, sulla parte più vicina al mare, un vicolo paesaggistico, ex legge 431/85, ora dlg 42/2004, ed un vincolo idrogeologico, a seguito del parere del Genio Civile, con delibera commissario ad acta n.470 del 24.10.2001.
Dagli atti del fascicolo delle indagini, rileva ancora il giudice, il monumento risulta essere stato affidato in custodia all’amministrazione dello stato a quella del Comune di Palermo dal 6 dicembre 1989, in attesa “del passaggio definitivo all’amministrazione comunale ed in attesa delle determinazioni della stessa”. Tale passaggio non è mai avvenuto e nel novembre del 2010, il Comune di Palermo non ritenendolo più utile ai propri fini, lo ha riconsegnato alla Direzione regionale della Agenzia del Demanio, proprietario e gestore del bene risulta essere l’Agenzia del Demanio competente (secondo quanto esposto nella sua nota del 19.2.2’13 da xadx, Direttore Regionale della Agenzia del Demanio-Direzione Regionale Sicilia, allegato C informativa Nucleo Pol. Mun. tutela patr. artistico, del 22 marzo 2013).
Informative di PG
Ciò posto, l’informativa del 4 ottobre 2012 del Nucleo di Polizia Municipale preposto alla tutela dei monumenti e dei beni del patrimonio culturale di Palermo, descrive il gravissimo degrado innanzitutto strutturale dello Stand Florio e i pericoli di crollo connessi, il sudiciume del suo sito ridotto ad immondezzaio, la minaccia per la incolumità e la salute pubblica che tali sue condizioni statiche ed igieniche rappresentano, annotandone la rovina e l’abbandono, enumerandone le parti dissestate e minaccianti il crollo, gli abusi edilizi e di altro tipo, tutti consumati all’interno del sito.
Appare opportuno riportare il contenuto della succitata informativa, ove si rappresenta quanto segue.
La sua copertura è dissestata, presenta tracce evidenti di infiltrazioni dì acqua, sia sulla cupola monumentale che sulle pareti perimetrali, il tetto mostra evidenti dissesti, con le tegole in parte cadute e mancanti e in parte accumulate nelle parti terminali, con pericolo di caduta nelle zone sottostanti; i pilastrini architettonico, posti sul lato confinante con l’area pubblica sono lesionati e minacciano distacchi; le pareti mostrano tracce di infiltrazioni d’acqua. I titolari di esercizi commerciali vicini segnalano che frequentemente persone si introducono all’interno, ragazzi che sovente si affacciano dalle parti superiori dell’edificio. All’ingresso al momento del sopralluogo era presenza di una catena con un lucchetto chiuso dall’interno.
Un muro di recinzione abusivo in conci di tubo, altro circa 3 metri, addossato sul lato destro del monumento, si snoda per circa 180 metri di lunghezza, delimitante una vasta area gravemente degradata con manufatti abusivi, che si estende fino al litorale marino. Nello stesso mura è aperto un ingresso a manufatti edilizi in condizioni di rovina, con tetto pericolanti, fatti con vaste lastre di eternit ondulato logore, in parte crollate al suolo e in parte in bilico . La muratura del comprensorio anzidetto, prospiciente sull’area pubblica è gravemente spaccata, con fessurazione passante e quindi con pericolo di crollo.
Il comprensorio attiguo al complesso monumentale include manufatti edilizi in muratura tipo capannoni industriali, con le coperture precarie, determinanti gravi pericoli per l’incolumità delle persone coi tetti di eternit. Le pereti perimetrali in concio di tufo allo stato grezzo, di grandi dimensioni, sono inclinate e in fase di cedimento, con il conseguente pericolo per chi si addentra nell’immobile, il cui accesso è libero dal lato del litorale marino.
 La PG aveva già segnalato, in occasione del sopralluogo del 31 maggio 2012, che anche il portone in ferro dal lato della via Messina marina era aperto, consentendo a chiunque di accedere al comprensorio, l’invasione di rifiuti del sito e quanto altro si riassume di seguito.
L’area pubblica antistante il comprensorio citato, per un superficie di circa 600 mq è completamente invasa da rifiuti, rottami etc..tanto da assumere la caratteristica di discarica a cielo aperto, con i rifiuti costipati persino nelle aiuole con gli alberi. Una porzione dell’area pubblica di cui sopra è a quota più alta di circa 1,50 metro, ed in esso sosta un grande rimorchio di autoveicolo; la zoccolatura di detto terrapino presenta segni di cedimento con la situazione conseguente di pericolo per le persone .
Rileva infine la stessa nota che dalla prima ispezione non era stata effettuata alcuna bonifica né messa in sicurezza, né demolizione dei manufatti abusivi e che la situazione si mostrava aggravata.
Il verbale del 18 ottobre 2012, di attuazione del provvedimento di convalida del sequestro del monumento, notificato all’Agenzia del demanio, alla Sovrintendenza BBCCAA e al settore Ambiente ed ecologia del Comune di Palermo, aggiunge che lo stato di degrado e di fatiscenza e lo stato di conservazione dell’immobile a quella data apparivano peggiorati, con grandi quantità di rifiuti , ratti morti, e in decomposizione, il monumento in stato di rovina e di abbandono.
La nota del 6 marzo 2013 degli stessi ufficiali di PG sottolinea che durante le operazioni di bonifica di quel mese, tra i rifiuti erano state rinvenute due fondine per pistole del tipo in dotazione alle forze dell’ordine. Le fotografie allegate alle informative mostrano i locali interni del monumento invasi da rifiuti di ogni genere reti e materassi, utilizzati come in un accampamento di fortuna.
Nota del 13 novembre 2012 della Sovrintendenza BBCCAA
Rileva inoltre il giudice che agli atti è pure la nota del 13 novembre 2012 della Sovrintendenza BBCCAA, sottoscritta dal sovrintende XXX e dal dirigente Unità Opertiva VII, arch. XXX, diretta all’Agenzia del Demanio. In essa si fa presente l’attesa dal mese di maggio 2012 di una risposta dalla stessa Agenzia del Demanio per un sopralluogo congiunto, per andare ad accertare lo stato dei luoghi e potere avviare le procedure di competenza, stante lo stato di degrado e la necessità di effettuare interventi urgenti.
Nota del 19 marzo 2013 dell’agenzia del demanio
Ai fini dell’indagine, viene anche in rilievo la nota del 19 marzo 2013 del direttore dell’Agenzia del Demanio regionale, xadx, per le informazioni e i concetti autoderesponsabilizzanti che espone. In realtà, nota il giudice, dalla stessa emerge il totale disinteresse del predetto per il mantenimento (con una normale manutenzione ordinaria), la custodia e la gestione diretta ad un qualsiasi uso sociale del bene culturale, e l’incredibile acquiescenza al suo degrado come di un dato normale e fisiologico. Infatti, l’unico atto concreto che secondo il resoconto dello stesso direttore dell’Agenzia del DEMANIO questi ha compiuto nel periodo della sua gestione è stato quello di prendere in considerazione la richiesta di un privato -che afferma essere pervenuta al suo ufficio contestualmente alla decisione del Comune di riconsegnare “il fabbricato“ alla medesima Direzione dell‘Agenzia del Demanio-, e diretta ad ottenerne l‘uso “dell‘immobile“ in concessione per organizzarvi eventi culturali.
La stessa nota dichiara che ogni operazione di consegna in concessione a privati sarebbe subordinata al previo completo restauro dello stesso, di cui –informa- hanno offerto di farsi carico diversi soggetti che hanno richiesto la concessione, e “fatta comunque al riguardo salva la possibilità di un diretto intervento della stessa Amministrazione Regionale, stante la prevedibilità del trasferimento del bene alla Regione Siciliana , da operarsi in virtù della norma statutaria (art. 32 Statuto Regione Siciliana)“.
Inoltre va notato che il responsabile della Agenzia del Demanio, riferendo dei suoi sopralluoghi istituzionali effettuati nell’aprile del 2011, dichiara di avere constatato la presenza di rifiuti e di cani randagi e di atti vandalici consistenti nella asportazione dell’impianto elettrico, rottura di vetri e di infissi esterni, nella asportazione di pluviali di rame, denunciati al carabinieri, senza fare parola -nota il giudice- delle infiltrazioni d’acqua, dei distacchi strutturali dell’edificio, dei crolli avvenuti e dei pericoli di crollo in atto, degli abusi edilizi e delle altre situazioni viste, ed alla prospettiva di una sua cura.

Si riportano di seguito i passaggi essenziali della nota in esame.
Nel 1989 lo stand Florio, con una porzione dell’area di pertinenza –scrive il direttore dell’agenzia del demanio- fu consegnato al comune di Palermo, nelle more dell’espletamento dell’iter amministrativo del passaggio definitivo dell’immobile all’amministrazione comunale, procedura mai formalizzata.
Successivamente il Comune di Palermo, non ritenendolo più utile, nel novembre del 2010, riconsegnava a questa Direzione il fabbricato. Contestualmente perveniva da parte di un soggetto privato apposita istanza di concessione dell’immobile per destinarlo all‘organizzazione di eventi culturale, e quella Direzione aveva chiesto il rilascio del parere alla Sovrintendenza BBCCAA, mai pervenuto. Durante i suoi compiti di TUTELA E VIGILANZA la stessa Direzione del demanio ha predisposto un sopralluogo, nell’aprile del 2011, accertando che era oggetto di atti vandalici. Ha presentato querela. Durante un sopralluogo nel luglio 2012 accertava la manomissione ad opera di ignoti, del lucchetto posto a protezione, rifiuti di ogni genere riconducibili ad uso abitativo del bene. Cani randagi, per cuoi presentava querela. Nell’agosto 2012 l’immobile è stato sequestrato dai carabinieri della Stazione di Brancaccio e da allora –afferma la nota- non la direzione del demanio non ne ha la disponibilità. Quanto sopra – sostiene la medesima nota- appare chiaramente dovuto al contesto degradato nel quale è inserito il bene , condizione già ampiamente conosciuta al Comune di Palermo e per la soluzione della quale pare poco sia stato fatto. È in corso la procedura per il trasferimento alla REGIONE siciliana, ai sensi dell’art. 32 dello Statuto della regione; la definizione è stata sollecitata a febbraio 2013 . Continuano a pervenire istanze di privati per averlo in concessione previo completo restauro, da effettuarsi secondo le prescrizioni che la Sovrintendenza riterrà (citando l‘art. 106 bis e 12 comma 1 dlg 42/2004).
2.Valutazioni giuridiche
Passando alle valutazioni giuridiche a base della presente ordinanza, dalla descrizione dei luoghi sintetizzata dalla PG e da un’analisi del contesto si desumono innanzitutto :
– alcuni gravi danneggiamenti strutturali del monumento, che, fa notare il giudice, appaiono esclusivamente dovuti alla mancata manutenzione ordinaria e all’abbandono del bene da parte degli enti responsabili, e che hanno provocato la deturpazione dello stesso monumento (art. 733 c.p. le lesioni esterne dell’immobile fotografate, i distacchi di parti di esso, gli ammaloramenti da infiltrazioni d’acqua e da umido, sono dovuti esclusivamente all’abbandono ed alla omissione responsabile della conservazione e di vigilanza del monumento e nulla hanno a che fare con le vandalizzazioni di terzi, e costituiscono la causa immediata ed efficiente del deterioramento);
-pericoli di crollo che minacciano l’incolumità pubblica, dovuti a tali mancanza di manutenzione (art. 677 ultimo comma c.p.);
-una serie di deturpanti edifici abusivi a ridosso del muro di cinta del monumento, la costruzione dei quali -non essendo avvenuta nè clandestinamente nè improvvisamente, ma sotto gli di tutta la città- era nota agli enti responsabili (fin dall’inizio di ognuno degli abusi e ogni volta per tutta la loro durata), e dunque agevolata dal suo deliberato abbandono e dalla sua totale inerzia ;
-le violazioni degli specifici vincoli, paesaggistico, culturale, idrogeologico , gravanti sul sito e già rilevati.
-la presenza dentro il monumento e nell’area di sua pertinenza di masse di rifiuti anche pericolosi, ai quali ha inequivocabilmente concorso il medesimo abbandono da parte dell’ente proprietario e del Comune di Palermo (cfr. Cass. III 29.7.2008 31488 secondo cui, se una condotta meramente omissiva da parte del proprietario del fondo non è sufficiente ad integrare il reato di abbandono o deposito di rifiuti effettuato da terzi, la consapevolezza dei fatti può rivestire una forma di acquiescenza, che abbia agevolato la commissione del reato da parte del terzo, configurandosi, in questo caso, quale concorso alla sua commissione).
Consapevolezza da parte dei responsabili
Circa la presenza nel caso di specie di una piena consapevolezza, e dell’acquiescenza agevolativa da parte degli enti responsabili della cura del monumento (sia degli abusi edilizi nel monumento, sia della sua riduzione a luogo di bivacco e discarica a cielo aperto, così come di tutti i vistosi scempi che nel tempo vi si sono consumati ininterrottamente), si consideri che lo stand Florio si trova lungo una delle vie più trafficate della città e che le varie opere abusive sono sorte proprio in corrispondenza del lato del suo muro di cinta sulla strada, viste da chiunque vi passava.
Quindi la costruzione di tali locali abusi in cemento nessuna delle volte è avvenuta clandestinamente o da un giorno all’altro, ma al contrario, si è consumata sotto gli occhi inerti degli enti obbligati alla sua conservazione e vigilanza, ed ha avuto ogni volta una certamente non breve durata. L’ente in nessuna di tali ripetute volte è intervenuto a bloccare o reprimere i lavori abusivi, né al loro inizio né il altre fasi della loro durata, né tantomeno ha provveduto alla loro demolizione ed alla rimessione in pristino del monumento.
Tale atteggiamento protrattasi per così lungo tempo e ripetutamente ha palesato alla popolazione i caratteri dell’acquiescenza deliberata (a tali abusi e deturpazioni) da parte degli enti responsabili della sorte del monumento, diffondendo nella popolazione la convinzione del loro disinteresse e inerzia e della chiara volontà dell’abbandono totale del sito, e quindi la convinzione della possibilità, per chiunque avesse voluto, di farne impunemente qualsivoglia tipo di uso (come d’altra parte ha ritenuto di agire, non curando di violare i suoi obblighi di conservazione, la stessa amministrazione).
Violazione di vincoli culturale e paesaggistico, idrogeologico. 
Pericoli di crollo, rischi igienici e omissioni di atti d‘ufficio necessari a tutelare l‘incolumità e la salute pubblica
-Va aggiunto che attraverso tali abusi, e altresì con l’abbandono dei rifiuti presso il monumento, protrattasi per così lungo tempo, sono stati violati i vincoli monumentali e paesaggistici esistenti sul sito, con altrettanta partecipazione concorsuale degli enti responsabili della sua conservazione e vigilanza.
Sono inoltre evidenti le responsabilità ex art. 328 c.p., per i mancati interventi del sindaco relativamente ai pericoli di crollo da tempo presenti e che di giorno in giorno hanno continuato ininterrottamente ad aggravarsi (cnfr. art. 54 t.u. enti locali sugli obblighi di intervento gravanti sul sindaco, e in sostituzione del prefetto, per ragioni di incolumità pubblica).
Richieste del PM
Il PM ravvisa nella fattispecie la presenza di condotte di omissioni di lavori nell’edificio monumentale, fonte di pericolo di crollo, condotte concorrenti di danneggiamento del patrimonio artistico nazionale, punibili rispettivamente ai sensi degli artt. 677 e 733 734 c.p., abusi edilizi, condotte di abbandono di rifiuti anche pericolosi, per i quali, ad eccezione che per il primo, chiede l’archiviazione, sul presupposto che ne siano ignoti tutti i responsabili e della loro non individuabilità.
Tale ricostruzione operata dal PM, come già anticipato, solo in parte appare condivisibile.
Se infatti la deturpazione del monumento è il risultato di una mescolanza incredibile d’inefficienza pubblica e di sciatteria privata, è se è vero, come sostenuto dal PM, che gli autori materiali degli abusi edilizi e dell’accumulo dei rifiuti, anche di eternit, verificatisi presso lo Stand Florio (nel lungo tempo del suo impietoso abbandono da parte del Comune di Palermo e della Agenzia del demanio), è scarsamente probabile che vengano individuati, la ricostruzioni del PM non è condivisibili nella parte in cui non ravvisa, nè nei reati di danneggiamento e pericolo di crollo del monumento, nè negli abusi edilizi e nelle violazioni concernenti i rifiuti, responsabilità a carico dell’ente proprietario e di quelli altri su cui gravavano, in forza di loro compiti istituzionali, obblighi di conservazione e vigilanza del medesimo bene (cfr. la dizione degli artt. 677 c.p. e dell’art. 838 c.c.).
Basti considerare che la manutenzione di un bene immobile, ed a maggior ragione quella di un monumento, non è mai lasciata dall’ordinamento alla discrezionalità del proprietario o di chi ne ha affidata la conservazione e la vigilanza, ma costituisce per costoro un obbligo di natura civile e penale e di natura contabile (si tornerà più avanti sul punto).
Inoltre va aggiunto i medesimi danneggiamenti e abusi edilizi e conferimenti di rifiuti costituiscono condotte di violazione dei vincoli monumentali e paesaggistici che gravano sul sito, puniti ai sensi dell’art. 169 e 181 comma 1 e 1 bis del D.lg. n.42/2004.
(Il cit. art 181 recita : 1. Chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici è punito con le pene previste dall’Articolo 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.
1-bis. La pena e’ della reclusione da uno a quattro anni qualora i lavori di cui al comma 1:
a) ricadano su immobili od aree che [ai sensi dell’articolo 136] per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori;
b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell’articolo 142 ed abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi).
Ciò che più porta nella specie a ravvisare gravissime e preminenti responsabilità omissive dell’ente proprietario e di quelle altre pubbliche amministrazioni che, anche in via sostitutiva, avevano l’obbligo di pretendere, o di provvedere alla sua conservazione e vigilanza è la contestualizzazione del gravissimo stato di abbandono e deturpamento in cui versa da anni il monumento, ed una riflessione sulle cause effettive che hanno determinato tutto ciò, dovute, si ripete, in via immediata e diretta all’assenza di manutenzione ordinaria (le lesioni strutturali e i pericoli di crollo dell’edificio). Inserita questa nel più generale abbandono, deliberato dai medesimi responsabili, che ha permesso a chiunque ne avesse voglia di compiervi ogni sorta di appropriazione e di scempio e deturpazione, dalle costruzioni e occupazioni abusive e adibizioni a capannoni industriali, alle discariche di rifiuti.
Dette condotte omissive configurano nella specie, come anticipato, sia l’ipotesi del danneggiamento di un bene del patrimonio storico e artistico, di cui all’art. 733 c.p., attesa la ricorrenza della natura di monumento del bene deteriorato (e non un qualsiasi immobile), e contemporaneamente la fattispecie dell’omissione di lavori in edifici che di cui all’art. 677 c.p., essendo presenti gli ulteriori elementi della minaccia di rovina e del pericolo per le persone, incriminati da quest’ultima norma. L’ordinamento nel suo complesso appresta al patrimonio storico e artistico una accentuata tutela conto le azioni dannose, prevedendo poteri-doveri di tutela di altrettanta pregnanza, che ricevono particolari riconoscimento e copertura costituzionale (cfr. tra gli altri gli artt. 838 c.c., l’art. 733, gli artt. 169 e 181 cod. beni culturali, e innanzitutto l’art. 9 Cost.).
Danni strutturali, responsabilità esclusiva degli enti tenuti alla conservazione .
Va ribadito che nella specie, la puntuale descrizione che la PG operante fa del coacerbo di tipologie di danni, distruzioni e deterioramenti arrecati all’immobile (lesioni strutturali, distruzione della corte e del verde di pertinenza, presenza di accumuli di rifiuti sia nei locali interni che dell’esterno del momento, abusi edilizi cementizi sia all’interno del parco di pertinenza che a ridosso del monumento, presenza di depositi capannoni di tipo industriale) dà contezza del fatto che i danni strutturali dell’immobile, consistenti in lesioni dei muri esterni, in rotture di parti e infiltrazioni, sono dovute alla mancata manutenzione ordinaria, riconducibile direttamente a una responsabilità omissiva gravante in via principale e preminente sull’ente proprietario. In altri termini i danni strutturali, appaiono causati dalla mancata manutenzione ordinaria, e quindi determinati esclusivamente dalla volontà dei responsabili di non provvedere alla conservazione del monumento e alla vigilanza sulle sue condizioni anche statiche, (e nullaffatto da vandalizzazioni o interventi impropri di terzi), ad una volontà di abbandonarlo, fino al punto lasciarlo deteriorare e indecorosamente marcire.
Si è già esposto perché le suddette responsabilità degli enti predetti, per assenza di buona gestione e di normale manutenzione, appaiono al giudice di tutta evidenza e prive di ogni giustificazione : il fenomeno non ha riguardato periodi limitati o momenti di particolare difficoltà dell’ente (responsabile della tenuta e della gestione del monumento), ma costituisce il portato di un modo di agire sistematico di ognuno delle persone dei responsabili, che si sono succeduti. Costoro con la loro insipienza hanno messo in atto un totale impietoso abbandono del monumento, nell’aperto dispregio dell’obbligo giuridico, di natura generale, di gestione del bene di interesse pubblico secondo i criteri del buon padre di famiglia (cfr. ad esempio pure la nota già analizzata del Direttore della Agenzia del Demanio del 2013, da cui si ricava che unico comportamento del medesimo sia sempre stato quello dell’attesa di conferire il monumento in concessione a terzi -che vi organizzino le loro attività e il compimento del restauro completo a carico della Regione Siciliana, e dell’assoluta insipienza di fronte all’aggravarsi crescente del disfacimento del bene culturale e del suo sito).
Va ribadito che le enunciate condotte, consistenti appunto nella mancata manutenzione ordinaria, nell’abbandono e nella mancata vigilanza sul monumento, in quanto hanno rappresentato la cagione immediata dei cedimenti e delle lesioni strutturali dell’immobile monumentale, configurano responsabilità penali specifiche, causalmente efficienti e del tutto autonome, e per nulla concorrenti, rispetto a quelle altre poste in essere dai privati, di invasione e abbandono di rifiuti, abuso edilizio, che si sono aggiunte conferendo ulteriori deturpazioni al bene.
Stesso ordine di valutazioni porta a ravvisare altrettante responsabilità penali in capo a quegli altri organi della p.a. preposti per legge, anche in via suppletiva, ad obblighi di intervento omessi dall’ente proprietario (cfr. ad es. art. 677 c.p.). E’ indubitabile infatti che la funzione di vigilanza e di tutela di un bene immobile di notevole importanza monumentale (qual’è lo stand Florio sul lungomare di Palermo), da esercitarsi innanzitutto mediante una gestione e una manutenzione ordinaria adeguate, non afferiscono a profili di discrezionalità del proprietario o di chi sia investito ad altro titolo della sua conservazione, anche ove questi siano delle pubbliche amministrazioni, ma a ben specifici obblighi giuridici di agire, che si traggono agevolmente dalla disciplina penale (che incrimina condotte di violazione della integrità del bene culturale, cfr. artt. 733 e 677 c.p., artt.169 e 181 cod. beni culturali; anche una discarica abusiva dentro il bene monumentale può configurare altrettante violazioni), dalla disciplina civilistica (art. 838 c.c.), dalla normativa di natura amministrativa, che regolamenta l’esercizio di relativi compiti e poteri affidati a diversi organismi della p.a., e dal fondamentale principio di rango costituzionale di tutela del patrimonio storico e artistico e del paesaggio della nazione (art. 9 Cost. e cfr. Inoltre art. 117 Cost. comma 2 lett. S).
La palese violazione di tali specifici obblighi giuridici consumati, nella specie dall’ente proprietario e responsabile del monumento e di quelli su cui, anche in via temporanea e o suppletiva gravavano obblighi di conservazione e vigilanza, e il principio del comma secondo dell’art.40 c.p. (secondo cui non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo) fondano a carico dei medesimi le responsabilità relative ai reati di danneggiamento del patrimonio artistico e di omissioni di lavori in presenza di minacce di crolli con pericolo per le persone, ai sensi degli artt. 733 e 677 c.p. .
Inoltre, concorso dell’ente proprietario e del comune – che lo ha avuto in affidamento fino a tempi recentissimi – e di tutti quegli altri tenuti a particolari obblighi di vigilanza, come la Sovrintendenza BBCAA, relativamente a tutti le altre condotte di reato accertate (abusi edilizi, violazioni dei vincoli culturale, paesaggistio, idrogeologico,  violazioni in materia di rifiuti – avvenute e rilevate fino al 2012- omissioni ex art. 328 c.p., di atti dovuti a fini di incolumità pubblica, ancora in atto)
Inoltre, gli elementi fin qui raccolti attraverso le indagini depongono nel senso della ricorrenza nella specie del concorso del proprietario del bene e del comune (che secondo la sopra esaminata nota del Direttore della Agenzia del Demanio, lo ha avuto in consegna fino al novembre 2010), in ordine agli abusi edilizi, al deposito dei rifiuti, rilevati e presenti fino ai sopralluoghi della PG del 2012 e del 2013, alle violazioni paesaggistiche e del vincolo culturale, per le ragioni di cui prima dettagliatamente esaminate circa l’acquiescenza piena dimostrata dai responsabili della tenuta dell’immobile (Cass: III, n. 43955 del 28/09/2004 : Il deposito incontrollato di rifiuti in area sottoposta a vincolo paesaggistico ed idrogeologico integra sia il reato di cui all’art. 51 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 che quello di cui all’art. 163 del D.Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490 -ora sostituito dall’art. 181 del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42-, esecuzione di lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici).
POTERI DEL SINDACO E DEL PREFETTO A TUTELA DELLA SALUTE PUBBLICA E DELLA PUBBLICA INCOLUMITA’
Ma non meno rilevate sotto il profilo penale appare allo stato delle indagini l’inerzia della pubblica amministrazione, relativamente ai rischi per l’incolumità pubblica che continuano tuttora ad aggravarsi inarrestabilmente di giorno in giorno. L’insipienza al riguardo dei sindaci pro tempore e o di altri responsabili degli uffici tecnici competenti, non appare allo stato degli atti comprensibile nè giustificata.
Il giudice non può esimersi dal rilevare e segnalare le omissioni da parte di tutti quei soggetti che avevano l’obbligo di intervenire ed ai quali la situazione di urgenza, nell’esercizio delle loro pubbliche funzioni, non consentiva di attendere, stante la prospettiva dell’aggravarsi dei pericoli.
Non si può quindi non mettere in evidenza la sussistenza di elementi in concreto indicative di responsabilità omissive ex art. 328 c.p., pure da parte degli organi amministrativi competenti -ufficio tecnico, sindaco ed eventuali altri organi con obblighi in via surrogatoria, come il Prefetto- cui è affidata per legge la preminente funzione di vigilanza sulla regolarità e sicurezza edilizia nel territorio e l’azione volta ad assicurare la sicurezza e l’incolumità pubblica, in via diretta e/o in via surrogatoria. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, in base allo stesso art. 54 comma 4 del DL 18 agosto 2000, n. 267 (c.d. T.U. sull’ordinamento degli enti locali) è investito del potere di adottare provvedimenti anche contingibili e urgenti al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minaccino l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana, dandone previa comunicazione al Prefetto.
Inoltre il comma 7 dell’art. 54 del dl cit. esattamente recita : “Se l’ordinanza adottata ai sensi del comma 4 è rivolta a persone determinate e queste non ottemperano all’ordine impartito, il sindaco può provvedere d’ufficio a spese degli interessati, senza pregiudizio dell’azione penale per i reati in cui siano incorsi.
Il successivo comma 11 dell’art. 54 cit. prevede che in caso di inerzia del sindaco o del suo delegato nell’esercizio delle funzioni previste dal comma 10, il Prefetto può intervenire con proprio provvedimento., nelle fattispecie di cui ai commi 1, 3e 4.
Inoltre, il comma 6 dell’art. 24 del regolamento edilizio del Comune di Palermo, attraverso un preciso dettato diretto al Sindaco, prevede che questi, in caso di mancata ordinaria esecuzione delle opere da parte dei privati, degli Enti, delle Aziende e del Comune stesso,può obbligare, nelle zone A (centro storico), l’esecuzione delle riparazioni e della manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici, imponendo un determinato termine, decorso il quale i lavori saranno eseguiti d’ufficio a spese degli interessati.
Può ancora ricordarsi l’art. 88 del regolamento di polizia urbana di Palermo secondo cui nel caso di edifici pericolanti anche in parte il Corpo dei Pompieri, ove sia necessario, potrà provvedere alla demolizione delle zone in pericolo e potrà ordinare lo sgombro dei locali minacciati, e secondo cui le opere di cautela e di demolizione dovranno essere eseguite a termine di legge dai proprietari ed Enti interessati con ordinanza del Sindaco.
Nella specie l’utilizzazione da parte di gruppi di persone dell’immobile in tale stato era di dominio pubblico : riferisce la nota dell’ottobre 2012, degli ufficiali di PG operanti, che al momento del loro intervento i commercianti vicini hanno segnalato che sovente gruppi di giovani stanziavano e si affacciavano dal piano alto del monumento).
Né il Comune, con riferimento al caso specifico, a fronte di tali prolungate diffuse inadempienze, potrebbe trincerarsi dietro la giustificazione delle sue difficoltà economiche, posto che la gestione di settori che afferiscono a rischi per l’incolumità e la salute pubblica, incidenti su interessi di rango costituzionale, costituiscono un’assoluta priorità, cui gli enti esponenziali devono provvedere sia a livello gestionale programmatico, sia dinnanzi ai casi contingenti di obiettiva imprevedibilità e urgenza.
La Suprema Corte di cassazione, con riferimento a casi analoghi, ha affermato che non ha alcun rilievo giuridico l’insufficienza di risorse da parte dell’ente pubblico, dovendo le stesse essere destinate in via prioritaria al soddisfacimento delle esigenze afferenti alla salute, rispetto ad altre (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2109 del 10/01/2000,  Rv. 215527). In tema di rischio per la salute o l’incolumità pubblica e responsabilità penali del sindaco e altro organi amministrativi preposti, per omissione di esercizio dei poteri relativi, constano numerose pronunce di legittimità (cfr. tra le tante : Cass. 12.2.2009, secondo cuoi “integra il reato di rifiuto di atti d’ufficio la condotta del sindaco di un comune il quale -a fronte di una situazione potenzialmente pregiudizievole per l’igiene e la salute pubblica a causa dell’assenza dei requisiti previsti per la potabilità dell’acqua erogata per il consumo- ometta di adottare i necessari provvedimenti contingibili ed urgenti volti ad eliminare il rischio del superamento dei parametri stabiliti dalla legislazione speciale in materia; Cass. VI, 29.1.2009, secondo cui il delitto di omissione di atti d’ufficio è un reato di pericolo la cui previsione sanziona il rifiuto non già di un atto urgente, bensì di un atto dovuto che deve essere compiuto senza ritardo, ossia con tempestività, in modo da conseguire gli effetti che gli sono propri in relazione al bene oggetto di tutela -Fattispecie relativa alla mancata adozione di un’ordinanza sindacale di sgombero di una palazzina priva del certificato di abitabilità e con gravi carenze igienico-sanitarie dovute alla mancata autorizzazione del sistema di smaltimento dei reflui-; Cass. III, 22.2.1995, in tema di tutela delle acque dall’inquinamento, e di penale responsabilità del Sindaco per mancato esercizio dei poteri di direttiva, intervento sostitutivo e revoca di delega; Cass.VI, 7.1.2010 : “Il rifiuto di un atto d’ufficio si verifica non solo a fronte di una richiesta o di un ordine, ma anche quando sussista un’urgenza sostanziale, impositiva del compimento dell’atto, in modo tale che l’inerzia del pubblico ufficiale assuma, per l’appunto, la valenza del consapevole rifiuto dell’atto medesimo; CASS. V, 16.3.2000 : “in tema di ordinamento degli enti locali la legge n. 142 del 1990, al fine di responsabilizzare i dirigenti degli uffici, ha previsto che ad essi possa essere demandata l’esecuzione degli atti deliberativi assunti – in attuazione dell’indirizzo politico-amministrativo – dal Sindaco e dagli Assessori. Ne consegue che, se comunque al Sindaco compete la sorveglianza sul corretto andamento dell’amministrazione, non deriva da tale obbligo, in modo automatico, una responsabilità penale per le eventuali inadempienze degli amministratori”; Cass.VI, 8.4.1986 : “in materia di illeciti edilizi, il sindaco, quale autorità cui è conferito per legge il potere di vigilanza, ha l’obbligo giuridico di intervenire con urgenza, e tale intervento non può essere inquadrato nella attività discrezionale, bensì è imposto dalla legge come atto dovuto”; Sez. 3, Sentenza n. 2109 del 10/01/2000; Cfr. inoltre Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2109 del 10/01/2000,  Rv. 215527, secondo cui le, penalmente sanzionato, di difficoltà economiche del Comune nella gestione della discarica di rifiuti urbani non escludono il dovere richiedere l’autorizzazione regionale, non integrando causa di giustificazione e di non esigibilità. La gestione dei rifiuti costituisce infatti per i Comuni una assoluta priorità, in quanto incide su interessi di rango costituzionale, come la salute dei cittadini e la protezione delle risorse naturali, sicché non ha rilievo giuridico la insufficienza delle risorse, dovendo le stesse essere destinate in via prioritaria al soddisfacimento delle anzidette esigenze, rispetto ad altre; nella specie, la S.C., nel rigettare il ricorso proposto dal Sindaco di un Comune avverso la condanna pronunciata nei suoi confronti per il reato di cui all’art.25 del d.P.R. n.915 del 1982, ha osservato come nel caso in esame non fosse stato neppure esercitato il potere di cui all’art.12 del medesimo d.P.R. n.915 del 1982, poi disciplinato, in modo ancor più rigoroso, dall’art.13 del d.lgs. n.22 del 1997).
IN SINTESI
I fatti e le responsabilità che affiorano dagli accertamenti fin qui svolti appaiono non del tutto coincidenti da quelli descritti dal PM, poiché : in primo luogo le condotte dei reati di cui agli artt. 733 e 677 c.p., relativamente ai danni che all’evidenza nella specie sono stati causati al monumento esclusivamente dalla mancata manutenzione ordinaria (infiltrazioni d’acqua, rotture e distacchi di alcune parti dell’edificio) non sono attribuibili ad ignoti vandali o agli autori degli abusi edilizi (come, fin qui almeno, prospettato dal PM), bensì all’ente proprietario, vale a dire l’Agenzia del demanio, e al comune di Palermo che ha avuto in affidamento fino a novembre del 2010 (entrambi gli enti, nelle rispettive qualità erano tenuti per legge alla conservazione e alla custodia del bene ed alla sua valorizzazione).
Al riguardo, se risulta già individuato l’ultimo responsabile dell’Agenzia del demanio, andranno invece individuati i dirigenti dell’ufficio comunale competente, succedutisi nell’arco del periodo pari alla durata della prescrizione del reato, tra quelli individuati, punito con la pena più alta. Degli stessi reati, a titolo di concorso, per la sua altrettanto totale inerzia, risulta inoltre responsabile la Sovrintendenza ai BBCCAA, in quanto ente tenuto a garantire la vigilanza sul bene culturale (non è dato conoscere, ma non pare ce ne siano mai stati, un progetto o una previsione di risanamento e di presa in carico del caso). Accerterà il PM la responsabilità eventuale di altri organismi pubblici tenuti alla cura ed alla vigilanza ed all’intervento, anche in vai suppletiva, per la tutela del monumento.
Inoltre i medesimi reati di abuso edilizio ex art. 44 dpr n. 380/01, e quelli in materia di rifiuti (con più ampi termini di prescrizione), già accertati, risultano attribuibili a titolo di concorso, per la loro totale acquiescenza, sia all’ente proprietario, individuato nell’agenzia del demanio, sia agli altri enti, come il comune che lo ebbe affidato fino al 2011, e che erano tenuti alla conservazione ed alla vigilanza sul momento (in concorso tra loro e con i terzi ignoti autori delle condotte medesime).
Inoltre, trattandosi di sito soggetto a vincoli culturale e vincolo paesaggistico, tutte le sue arbitrarie adibizioni, oggetto degli accertamenti, configurano violazioni punite agli artt. 169 e 181 comma 1 bis Dlg 42/2004 cod. beni culturali, ai quali concorrono gli enti suddetti per le ragioni pure ripetute. Al fine di accertare le date delle loro commissioni il PM potrà, ad esempio, acquisire rilievi fotografie del luogo, anche aeree, o allargare altrimenti la ricerca (ad esempio accertando eventuali precedenti segnalazioni e attività di repressione di tali reati, o eventi ivi svoltisi).
– Inoltre, di fronte ai rischi documentati di crolli del monumento, ancora attuali e di gravità sempre crescente, con pericoli sempre maggiori per l’incolumità pubblica, l’inerzia del sindaco (o dei dirigenti preposti eventualmente ad agire in suo luogo), in qualità di ufficiale del governo -con i poteri e gli obblighi di cui all’art. 54 t.u. enti locali- configura gli estremi di cui all’art. 328 c.p..
P.Q.M.
Visto l’art. 409 c.p.p.;
Rigetta l’istanza di archiviazione per le ragioni di cui in motivazione.
Dispone che il PM, ad integrazione delle attività già svolte, indaghi per:
– individuare il periodo in cui il monumento è stato lasciato in stato di abbandono (a quando risalgono gli ultimi interventi di manutenzione ordinaria o di ristrutturazione o manutenzione straordinaria, se il monumento e la sua area di pertinenza siano stati mai dati in affidamento a terzi privati e quando ed eventualmente per quali adibizioni e a quale titolo e da chi);
– individuare, in base alle funzioni, ed identificare i soggetti responsabili, a titolo di responsabilità esclusiva e o di concorso, delle condotte di reato enucleate in motivazione (violazioni di cui agli artt. 110, 733 e 677 c.p., art. 40 c.p., art. 44 DPR n.380/01artt. 169 e 181 commi 1 e 1 bis DLg n.42/2004art. 6 DL n.172/2008 e o altri reati in tema di rifiuti o in altre materie che il PM dovesse ravvisare nelle medesime situazioni di fatto oppure a seguito della ulteriori indagini), in particolare i responsabili pro tempore dell’Agenzia del Demanio regionale, i dirigenti pro tempore dell’ufficio del comune, che ha avuto in bene uso, i responsabili pro tempore della Sovrintendenza BBCCAA , i sindaci pro tempore, e o i dirigenti del comune, che in luogo del sindaco erano tenuti ad agire, anche in relativamente al reato di cui all’art. 328 c.p. per i pericoli di crollo).
Da al PM al fine suddetto termine di mesi tre. Si trasmetta il presente provvedimento anche al Procuratore generale presso la Corte d’Appello in sede.
Palermo 8 ottobre 2013
Il Giudice
dott.ssa Marina Petruzzella

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