Settis: «Per difendere i beni culturali, è il momento d’andare sulle barricate»

febbraio 10, 2014
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Lo ha detto oggi (8 febbraio) a Pisa Salvatore Settis intervenendo a un dibattito sulla tutela delle biblioteche e degli archivi statali promosso dall’associazione amici della biblioteca universitaria pisana chiusa dal 2012 per deficit strutturali.

 

«Dobbiamo ricordare – ha aggiunto l’ex direttore della Scuola Normale Superiore – che la tutela della cultura, come bene comune, è inserita nella Costituzione, quindi noi non stiamo chiedendo un favore a qualcuno, ma che si applichi la Costituzione. Anzi, potremmo dire che biblioteche, archivi e beni culturali sono organi costituzionali e chi non li difende va contro la Costituzione e contro il fondamento stesso dello Stato».

 

Del resto, ha proseguito Settis, il problema è che «in Italia c’è una distanza sempre maggiore tra la politica dei politici, che pensano alla loro carriera personale, e la politica dei cittadini che, come stiamo facendo qui oggi, si occupa di queste cose».

 

«Nel paese – ha concluso – ci sono milioni di persone impegnati nelle associazioni che difendono il paesaggio, l’ambiente, i beni culturali, la scuola e il diritto alla salute. Se si mettessero insieme, sarebbero forse il partito più importante. Non dico di farne un altro, perché ce ne sono già fin troppi, ma costituire una rete efficace significherebbe aumentare anche la forza persuasiva nei confronti dell’opinione pubblica e dei politici. Anche perché quando i governanti dicono che non ci sono soldi per queste cose mentono, visto che spendono 12 miliardi di euro per gli F35».

 

«La distanza tra i politici e i cittadini – ha aggiunto Settis – non è solo colpa di Berlusconi, ma anche di chi, come Renzi, flirta con lui. Né il Cavaliere, né il sindaco di Firenze vogliono le preferenze, ma preferiscono le liste bloccate con le quali scegliere la classe dirigente».

 

«Infatti – ha concluso l’insigne studioso – anche con la nuova legge elettorale si preferisce privilegiare liste bloccate dove saranno i partiti a scegliere e non i cittadini. E poi, ad esempio sui beni culturali, l’impostazione di fondo dei governi di centrodestra e centrosinistra in questi vent’anni è stata pressoché identica: ossessionata dalla volontà di dare a tutto un prezzo, senza mai soffermarsi sul fatto che la cultura è un bene della collettività e non può essere monetizzato».

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