Mostre e monumenti, scandalo ticket i privati prendono anche il 70%

gennaio 6, 2014
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Accusa della Corte dei conti. Agli enti pubblici restano gli spiccioli

UN TOUR al Colosseo? E il 69,8 per cento dei 12 euro del biglietto di ingresso finisce nelle casse del Gruppo Mondadori attraverso la controllata Electa. Una passeggiata tra le sale di palazzo Venezia? Alla Soprintendenza per il polo museale della città di Roma entrano solo 2 euro e 25 centesimi dei 10 pagati da ogni visitatore. Spiccioli in confronto ai 7 euro e 75 centesimi che si spartiscono Civita Cultura, costola dell’associazione presieduta dall’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri Gianni Letta, e la Munus di Alberto Maria Zamorani, ex vicedirettore generale dell’Italstat noto alle cronache per l’arresto durante l’era “Mani pulite”. Così, grazie a un sistema capace di resistere più di un decennio in barba ai decreti ministeriali sulla redistribuzione degli incassi delle biglietterie (che fissano un tetto del 30 per cento per gli affidatari del servizio) e ai principi comunitari in materia di libera concorrenza, i privati hanno messo le mani sui monumenti e sui musei della capitale.

A fare luce su quanto succede ogni giorno al Colosseo, al Palatino, ai Fori e a palazzo Venezia sono i magistrati della sezione di controllo della Corte dei conti del Lazio. L’iter inizia lo scorso 4 ottobre: sul tavolo dei giudici finisce un decreto della direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Mibac con cui si approva l’incremento di 3 euro sui biglietti dell’area archeologica alle spalle del Campidoglio e si fissa a 10 euro il costo dell’ingresso per la visita alla mostra “Carlo Saraceni” e a palazzo Venezia. Vista la portata della questione, i magistrati della Corte dei conti del Lazio chiedono subito di rinviare gli atti alla sezione centrale di controllo.

Ma nel loro referto non mancano duri rilievi sugli atti ministeriali. Nel provvedimento esaminato manca l’indicazione dei criteri utilizzati dalle soprintendenze per quantificare il prezzo degli ingressi ai due poli culturali. Per i giudici il costo dei biglietti, invece, va determinato “tenendo conto della qualità degli allestimenti, dell’offerta dei servizi aggiuntivi al visitatore, della media annua degli ingressi e delle caratteristiche del territorio, la sua vocazione turistica e la presenza di altri spazi culturali”.

Quindi, la richiesta di delucidazioni sulla ripartizione degli incassi della biglietteria e sui rapporti contrattuali con i privati. Accumulando un lungo ritardo, la direzione regionale per i beni culturali ha trasmesso alla Corte dei conti la documentazione solo il 16 dicembre. Carte che per i magi-strati, invece di fare chiarezza sull’atto con cui si fissano i prezzi dei biglietti, “confermano i vizi di legittimità del provvedimento”.

Nei documenti non si menzionano ancora una volta i criteri in base ai quali è stato fissato il costo dell’ingresso. E, soprattutto, si dichiara di aver rispettato i parametri previsti dalla legge, avendo assegnato solo il 14 per cento degli introiti ai privati. Un’affermazione che, per i giudici, “si rivela in contrasto con la documentazione agli atti”. Nel caso del Colosseo, il parere del Comitato regionale per i servizi di biglietteria e l’atto di concessione a favore di Mondadori Electa parlano chiari: all’azienda del gruppo guidato da Marina Berlusconi va il 68,9 per cento. Una cifra “tale da violare il dettato normativo  –  spiega la Corte dei conti  –  attribuendo percentuali di entrate opposte a quelle di legge”.

Ciliegina sulla torta, per i magistrati contabili, il contratto di concessione “si dovrebbe ormai ritenere invalido perché in violazione delle norme comunitarie sulla
concorrenza”. Dal 1997, per almeno 16 anni continuativi, è stata sempre Electa a gestire l’area del Colosseo e dei Fori grazie a una serie di proroghe e ai ricorsi che hanno bloccato il nuovo bando.

Capitolo Civita cultura e Munus: anche in questo caso non è stato fornito alcun chiarimento. L’accordo non risultava ancora sottoscritto al momento dell’analisi della Corte dei conti e per la ripartizione degli introiti della biglietteria (alle due società spetta il 77,5 per cento di ogni biglietto) si fa riferimento a una convenzione che ancora non c’è. O meglio, “da concludersi”.

di LORENZO D’ALBERGO

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