Stop del Tar alla riduzione di orario negli istituti tecnici e professionali

dicembre 11, 2013
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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5836 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Snals – Confsal (Sindacato Autonomo Lavoratori della Scuola), omissis, rappresentati e difesi dagli avvocati Michele Mirenghi, Stefano Viti, con domicilio eletto presso Stefano Viti in Roma, piazza della Liberta’, n.20; 

contro

il Ministero dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Ministero dell’Economia e Finanze in persona dei Ministri legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12 domiciliano ex lege,
il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione in persona del legale rappresentante p.t., 

per l’annullamento

del decreto di estremi ignoti con il quale il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca di concerto con il Ministero dell’Economia e Finanze ha dettato disposizioni sulla ridefinizione dell’orario complessivo annuale delle seconde e terze classi degli istituti professionali per l’a.s. 2010/2011,

del decreto di estremi ignoti con il quale il MIUR di concerto con il MEF ha dettato disposizioni sulla ridefinizione dell’orario complessivo annuale delle seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici a.s. 2010/2011,

del regolamento in data 15 marzo 2010 non pubblicato recante norme concernenti il riordino degli istituti tecnici e degli istituti professionali ai sensi dell’art. 64, comma 4 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133 e dei criteri con i quali si è proceduto alla individuazione delle discipline di insegnamento interessate dalla riduzione di orario nelle classi seconde, terze e quarte;

del regolamento in pari data, pure non pubblicato recante norme concernenti il riordino degli istituti professionali ai sensi dell’art. 64, comma 4 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133 e dei criteri con i quali si è proceduto alla individuazione delle discipline di insegnamento interessate dalla riduzione di orario nelle classi seconde e terze, nonché di ogni altro atto, connesso, presupposto e consequenziale e per quanto di ragione del decreto ministeriale di estremi ignoti con il quale sono state impartite disposizioni sulla determinazione degli organici del personale docente per l’anno scolastico 2010/2011 e della circolare n. 37 del 13 aprile 2010 con la quale il MIUR ha trasmesso lo schema del predetto decreto interministeriale in itinere, impartendo istruzioni ai Direttori degli Uffici Scolastici Regionali al fine di dare tempestivo avvio alle operazioni di competenza degli stessi ed a provvedere, per l’effetto, alla ripartizione delle consistenze di organico a livello provinciale;

e con motivi aggiunti notificati il 1° ottobre 2010 per l’annullamento

dei decreti 12 luglio 2010 con i quali il MIUR di concerto con il MEF ha dettato disposizioni per la ridefinizione dell’orario complessivo annuale delle seconde e terze classi degli istituti professionali a.s. 2010/2011 e degli istituti tecnici a.s. 2010/2011;

del regolamento in data 15 marzo 2010, recante norme concernenti il riordino degli istituti tecnici non pubblicato, come sopra indicato;

del regolamento del 15 marzo 2010 recante norme concernenti il riordino degli istituti professionali, non pubblicato, come sopra indicato;

nonché di ogni altro atto, connesso, presupposto e consequenziale ed in particolare del decreto interministeriale di estremi ignoti con il quale anche sulla scorta dei regolamenti relativi agli interventi di revisione e riordino del II ciclo di istruzione emanati in data 15 marzo 2010 sono state impartite disposizioni sulla determinazione degli organici del personale docente per l’a.s. 2010/2011 e della circolare n. 37 del 13 aprile 2010 con la quale il MIUR ha trasmesso lo schema del predetto decreto interministeriale in itinere, impartendo istruzioni ai Direttori degli Uffici Scolastici Regionali, al fine di dare tempestivo avvio alle operazioni di competenza degli stessi ed a provvedere, per l’effetto, alla ripartizione delle consistenze di organico a livello provinciale;

e per l’annullamento con i motivi aggiunti del 30 marzo 2011

dei decreti ministeriali n. 95 e 96 del 25 novembre 2010 con i quali il MIUR ed il MEF hanno confermato le disposizioni e le tabelle di cui ai decreti impugnati del 15 marzo 2010;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca e di Ministero dell’Economia e delle Finanze;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2012 il dott. Pierina Biancofiore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

1. Con ricorso notificato alle Amministrazioni in epigrafe indicate in data 18 giugno 2010 e depositato il successivo 1° luglio 2010, espongono il sindacato ricorrente ed i docenti delle classi di concorso pure a fianco di ognuno indicate oltre a due genitori di alunni iscritti ad anni di corso degli Istituti Tecnici interessati dalle riduzioni di orario che con decreti interministeriali indicati in epigrafe il MIUR di concerto con il MEF ha provveduto alla ridefinizione a far data dell’a.s. 2010/2011 dell’orario complessivo annuale delle seconde e terze classi degli istituti professionali e delle seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici, individuando per ogni indirizzo e ordinamento le classi di concorso destinatarie della riduzione di orario. Osservano che in virtù degli atti impugnati è stata introdotta una modificazione dei curricula scolastici per gli anni scolastici successivi al primo, modificando il patto formativo sottoscritto con la scuola al momento dell’iscrizione.

2. Avverso tali atti deducono:

1. Violazione dell’art. 25l comma 2 del d.lgs. 16 aprile 1994 n. 297 per omessa acquisizione del parere obbligatorio del CNPI sugli schemi di decreto recanti la ridefinizione dell’orario delle seconde e terze classi degli istituti professionali e delle seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici; violazione dell’art. 97 Cost. e segnatamente del principio di buon andamento; violazione dei principi in materia di dovuto procedimento di legge.

Lamentano che prima di procedere alla emanazione dei decreti in parola il Ministero avrebbe dovuto acquisire il parere obbligatorio del CNPI. Quest’ultimo in particolare avrebbe dovuto essere sentito proprio perché in sede di valutazione degli schemi di regolamento relativi al riordino degli istituti professionali e degli istituti tecnici, con due distinti pareri espressi entrambi nell’adunanza del 22 luglio 2009 aveva ritenuto inaccettabili e improponibili le modifiche dei moduli orario, rappresentando che la riforma degli ordinamenti scolastici non poteva essere governata da malcelate ragioni di contenimento della spesa pubblica.

2. Violazione dell’art. 191 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297; violazione ed errata e falsa applicazione dell’art. 2 della legge 28 marzo 2003, n. 53; violazione ed errata e falsa applicazione dell’art. 13 della legge 2 aprile 2007, n. 40 di conversione in legge con modificazioni del d.l. 31 gennaio 2007, n. 7; violazione dell’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241; eccesso di potere sotto il profilo della illogicità e della incongruità manifeste.

Secondo il testo Unico delle legge sull’istruzione scopo precipuo dell’istruzione tecnica sarebbe quello di preparare all’esercizio di talune funzioni tecniche o amministrative, l’istruzione professionale avrebbe quello di impartire una preparazione teorico pratica adeguata per consentire l’esercizio di qualificate mansioni.

Per rispondere a tali obiettivi la legge delega n. 53 del 2003, il d.lgs. 17 ottobre 2005, n. 226 di individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni hanno enucleato uno specifico percorso denominato “liceo tecnologico” poi abrogato dalla legge 2 aprile 2007, n. 40 che ha lasciato in vita gli istituti tecnici e professionali.

Successivamente è intervenuto il d.l. n. 112 del 2008 che all’art. 64 ha dettato le linee guida per la modificazione dell’organizzazione scolastica, celando in realtà neppure troppo nascostamente una bella sforbiciata agli organici del personale docente e non docente, con conseguente riduzione di 87400 posti di organico.

In questo quadro normativo sono stati adottati i due decreti ministeriali del 15 marzo 2010 di riordino degli istituti tecnici e professionali. Quello per gli istituti professionali ha previsto che per l’anno scolastico 2010/2011 si continua ad operare sulla base di 34 ore settimanali per le seconde e terze classi e a partire dall’a.s. 2011/2012 si passerà all’orario di 32 ore settimanali. Ed analogamente è stato effettuato per gli istituti tecnici.

Al riguardo i ricorrenti osservano che la rimodulazione dell’orario è stata operata sulla base di un criterio del tutto discrezionale di ridurre del 20% l’orario di insegnamento delle discipline relative a classi di concorso con non meno di 99 ore annue e cioè con non meno di 3 ore settimanali ed andando ad impingere sulle discipline caratterizzanti i corsi, in maniera per di più indiscriminata, senza individuare le discipline sulle quali incidere.

La riduzione dell’orario incide direttamente sulla formazione e sullo sviluppo della formazione diretta a consentire l’inserimento nella filiera tecnologica o in quella produttiva che costituisce dichiarata finalità dei due tipi di istituti.

A ciò si aggiunga che non è stato neppure adottato il Regolamento sulle classi di concorso previsto quale primo passo dall’art. 64, comma 4 lettera a) del d.l. n. 112/2008 ai fini della riorganizzazione del sistema scolastico.

Rappresentano che paradossalmente ciò comporta che usciranno ragionieri che avranno studiato meno discipline economico aziendali e meno matematica applicata; aspiranti meccanici che avranno studiato meno meccanica e meno laboratorio e così via dicendo per tutti gli insegnamenti qualificanti dei due istituti.

3. Concludono con istanza cautelare e per l’accoglimento del ricorso.

4. L’Amministrazione dell’istruzione si è costituita in giudizio.

5. Alla Camera di Consiglio del 19 luglio 2010 l’istanza cautelare è stata accolta.

6. Con motivi aggiunti del 20 settembre 2010 sono stati dagli stessi ricorrenti impugnati i decreti “medio tempore” formalizzati, con i quali le Amministrazioni intimate hanno proceduto alla riduzione dell’orario complessivo annuale delle lezioni delle seconde e terze classi degli istituti professionali (decreto n. 62 del 26 luglio 2010) e delle seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici per l’anno scolastico 2010/2011 (decreto n. 61 del 26 luglio 2010).

Avverso tali atti gli interessati hanno insistito sulle stesse doglianze proposte col ricorso principale e che saranno meglio oltre esposte ed esaminate.

7. Con un secondo atto di motivi aggiunti, gli interessati impugnano anche i decreti n. 95 e n. 96 del 25 novembre 2010, con i quali le Amministrazioni intimate hanno confermato le disposizioni e le tabelle allegate rispettivamente ai decreti n. 61 del 26 luglio 2010 (relativo alle rimodulazione dell’orario delle lezioni nelle classi seconde, terze e quarte degli istituti tecnici) e n. 62 del 26 luglio 2010 (relativo alla rimodulazione dell’orario delle lezioni delle classi seconde e terze degli istituti professionali).

7.1 In punto di fatto gli interessati rappresentano che richiedendo il TAR con l’ordinanza n. 3363/2010 il parere del CNPI questo veniva adottato nella adunanza del 26 agosto 2010 ed in conseguenza di ciò la sezione VI del Consiglio di Stato con ordinanza n. 4413 del 18 settembre 2010 ha respinto l’appello cautelare proposto dal MIUR avverso l’ordinanza del TAR. Di conseguenza in data 28 gennaio 2011 il MIUR depositava i decreti ministeriali 95 e 96 del 25 novembre 2010 con i quali sostanzialmente erano confermate le disposizioni e le tabelle di cui ai decreti impugnati, col primo gruppo di motivi aggiunti.

Avverso i due decreti 95 e 96 del 25 novembre 2010 propongono le doglianze meglio oltre esposte ed esaminate.

Concludono con richiesta di accoglimento dei motivi aggiunti e del ricorso.

8. Pervenuto per la decisione il ricorso alla pubblica udienza del 12 gennaio 2012 è stata disposta un’istruttoria, eseguita la quale esso è stato trattenuto in decisione alla successiva pubblica udienza del 3 dicembre 2012.

DIRITTO

1. Il ricorso principale è improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse in quanto con esso gli interessati associazione sindacale e ricorrenti impugnano allo stato atti non definitivi che sono stati “formalizzati” in quelli impugnati nei due gruppi di motivi aggiunti.

2. Il primo gruppo di motivi aggiunti è fondato e va pertanto accolto.

2.1. Con la prima censura gli interessati deducono la violazione dell’art. 25, comma 2 del d.lgs. 16 aprile 1994 n. 297 per omessa acquisizione del parere obbligatorio del CNPI sugli schemi di decreto recanti la ridefinizione dell’orario delle seconde e terze classi degli istituti professionali e delle seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici; violazione dell’art. 97 Cost. e segnatamente del principio di buon andamento; violazione dei principi in materia di dovuto procedimento di legge.

Gli interessati lamentano che, ancorchè adottati i decreti in parola, il Ministero ha omesso di acquisire il parere obbligatorio del CNPI. Quest’ultimo in particolare avrebbe dovuto essere sentito proprio perché in sede di valutazione degli schemi di regolamento relativi al riordino degli istituti professionali e degli istituti tecnici, con due distinti pareri espressi entrambi nell’adunanza del 22 luglio 2009 aveva ritenuto inaccettabili e improponibili le modifiche dei moduli orario, rappresentando che la riforma degli ordinamenti scolastici non poteva essere governata da malcelate ragioni di contenimento della spesa pubblica.

2.1.2 La censura è superata per l’acquisito parere in data 26 agosto 2010 con il quale il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione si è espresso sui due decreti interministeriali 61 e 62 del 27 luglio 2010 relativi alla ridefinizione del monte orario scolastico e quindi sostanzialmente essa è da considerarsi improcedibile per il sopraggiunto parere, peraltro dovuto alla ordinanza del TAR n. 3363 del 19 luglio 2010 emessa nel giudizio in esame.

2.2. Violazione dell’art. 191 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297; violazione ed errata e falsa applicazione dell’art. 2 della legge 28 marzo 2003, n. 53; violazione ed errata e falsa applicazione dell’art. 13 della legge 2 aprile 2007, n. 40 di conversione in legge con modificazioni del d.l. 31 gennaio 2007, n. 7; violazione dell’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241; eccesso di potere sotto il profilo della illogicità e della incongruità manifeste.

Gli interessati poi osservano che, secondo il Testo Unico delle leggi sull’istruzione scopo precipuo dell’istruzione tecnica sarebbe quello di preparare all’esercizio di talune funzioni tecniche o amministrative, l’istruzione professionale avrebbe quello di impartire una preparazione teorico pratica adeguata per consentire l’esercizio di qualificate mansioni.

Per rispondere a tali obiettivi la legge delega n. 53 del 2003, il d.lgs. 17 ottobre 2005, n. 226 di individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni hanno enucleato uno specifico percorso denominato “liceo tecnologico” poi abrogato dalla legge 2 aprile 2007, n. 40 che ha lasciato in vita gli istituti tecnici e professionali.

Successivamente è intervenuto il d.l. n. 112 del 2008 che all’art. 64 ha dettato le linee guida per la modificazione dell’organizzazione scolastica, celando in realtà neppure troppo nascostamente una bella sforbiciata agli organici del personale docente e non docente, con conseguente riduzione di 87.400 posti di organico.

In questo quadro normativo sono stati adottati i due decreti ministeriali del 15 marzo 2010 di riordino degli istituti tecnici e professionali. Quello per gli istituti professionali ha previsto che per l’anno scolastico 2010/2011 si continua ad operare sulla base di 34 ore settimanali per le seconde e terze classi e a partire dall’a.s. 2011/2012 si passerà all’orario di 32 ore settimanali. Ed analogamente è stato effettuato per gli istituti tecnici.

Al riguardo i ricorrenti osservano che la rimodulazione dell’orario è stata operata sulla base di un criterio del tutto discrezionale di ridurre del 20% l’orario di insegnamento delle discipline relative a classi di concorso con non meno di 99 ore annue ed andando ad impingere sulle discipline caratterizzanti i corsi, in maniera per di più indiscriminata, senza individuare le discipline sulle quali incidere.

La riduzione dell’orario incide direttamente sulla formazione e sullo sviluppo della formazione diretta a consentire l’inserimento nella filiera tecnologica o in quella produttiva che costituisce dichiarata finalità dei due tipi di istituti.

A ciò si aggiunga che non è stato neppure adottato il Regolamento sulle classi di concorso previsto quale primo passo dall’art. 64, comma 4 lettera a) del d.l. n. 112/2008 ai fini della riorganizzazione del sistema scolastico.

Rappresentano che paradossalmente ciò comporta che usciranno ragionieri che avranno studiato meno discipline economico aziendali e meno matematica applicata; aspiranti meccanici che avranno studiato meno meccanica e meno laboratorio e così via dicendo per tutti gli insegnamenti qualificanti dei due istituti.

Il Ministero dal canto suo fa osservare che “la riduzione – dell’orario – è stata effettuata nel rigoroso rispetto dei criteri di cui ai menzionati regolamenti e non ha comportato alcuna modifica dei contenuti, degli assetti e delle finalità degli ordinamenti e dei curricoli” e che sostanzialmente essa costituirebbe la coerente applicazione da parte delle istituzioni stesse, degli ordinamenti e dei piani di studio recepiti dai regolamenti e dalle linee guida. Sotto tale profilo il Ministero nel rilevare che non rientra nella competenza del CNPI formulare valutazioni sulla legittimità dei provvedimenti in esame, osserva pure che i decreti interministeriali di che trattasi trovano la propria unica ragione costitutiva nelle norme regolamentari.

Rappresenta pure che “la riduzione riferita alle singole classi di concorso è stata adottata in sede di elaborazione degli organici e comunicata ufficialmente alle istituzioni scolastiche dell’istruzione tecnica e professionale. Queste dal canto loro, ove necessario, si sono limitate a distribuire la riduzione effettuata dallo scrivente sulle classi di concorso tra le discipline rientranti nelle classi di concorso stesse, sulla base delle esigenze formative individuate nel piano dell’offerta formativa delle singole istituzioni” (relazione ministeriale del 30 agosto 2010, prot. n. 2660).

3. Le censure vanno accolte e non possono essere condivise le posizioni dell’Amministrazione.

La prospettazione di quest’ultima, secondo cui i due decreti interministeriali impugnati non fanno altro che applicare quanto stabilito con i due regolamenti del 15 marzo 2010 sul riordino degli istituti tecnici e professionali e che sembra prefigurare una sorta di eccezione di inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti per mancata impugnativa dell’atto presupposto, è smentita dall’epigrafe degli stessi dalla quale risulta che sono stati impugnati anche i due regolamenti del 15 marzo 2010.

Al riguardo occorre ancora precisare che i due regolamenti in questione avevano già formato oggetto di impugnativa con separato ricorso n. 1785/2010 risolto con sentenza n. 3267 del 14 aprile 2011. Col ricorso era stata anche prospettata la censura di illegittimità della riduzione degli orari dai due regolamenti recata, ma il TAR l’ha considerata assorbita dall’accoglimento della censura relativa al mancato conseguimento del parere del CNPI, che invece nel ricorso in esame è sopraggiunto, come pure è sopraggiunta la formalizzazione dei decreti interministeriali che di quei regolamenti fanno applicazione.

E’ bene chiarire che la ora citata sentenza non fa venir meno l’interesse dei ricorrenti alla coltivazione del presente gravame, proprio perché a parte il sopraggiungere del parere del CNPI la cui mancanza era stata stigmatizzata dal TAR, tuttavia la sua adozione non ha portato il Ministero a modificare in alcun modo le posizioni assunte con i due Regolamenti e con gli atti applicativi, per come è rilevato anche nei secondi motivi aggiunti, attualmente in esame.

Ciò chiarito la principale doglianza proposta dagli interessati tende a mettere in risalto che sostanzialmente la riduzione del 20 % dell’orario scolastico delle seconde e terze classi degli istituti professionali e delle seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici è destinata ad incidere sulle materie caratterizzanti i corsi, determinando una violazione dei livelli essenziali delle prestazioni fissati con il d.lgs. 17 ottobre 2005, n. 226, senza che siano chiari i criteri in base ai quali tale riduzione debba essere effettuata se non il mero dato numerico percentuale, con conseguenti gravi ricadute in termini di riduzione di organico e di continuità formativa.

L’analisi dei testi sottoposti al giudicante non fa che confermare quanto dai ricorrenti sostenuto e pure posto in rilievo dal Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione.

L’art. 64 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133 al’art. 1, comma 4 stabiliva che con uno o più regolamenti da adottarsi ai sensi dell’art. 17, comma 2 della legge n. 400 del 1988 si dovesse procedere, tra l’altro, alla “b) ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali;”.

La norma parla di ridefinizione e di razionalizzazione dei piani di studio e dei quadri orari degli istituti tecnici e professionali – tra gli altri – e non di riduzione.

Abbandonata l’idea della costituzione dei cosiddetti “licei tecnologici” il Governo, attraverso lo strumento della normazione secondaria ed a ciò autorizzatone dalla norma primaria, ha dunque messo mano alla riforma degli istituti tecnici e professionali, adottando i due Regolamenti del 15 marzo 2010 che all’art. 1 recano entrambi la seguente disposizione gemella, modificata ovviamente per quanto concerne il monte ore totale:

Istituti tecnici

Art. 1, comma 4 “ A partire dall’anno scolastico 2010/2011 le classi seconde, terze e quarte proseguono secondo i piani di studio previgenti fino alla conclusione del quinquennio con un orario complessivo annuale delle lezioni di 1056 ore, corrispondete a 32 ore settimanali.”.

Istituti professionali:

Art. 1 comma 3: “Le classi seconde e terze degli istituti professionali continuano a funzionare per l’a.s. 2010/2011 sulla base dei piani di studio previgenti con l’orario complessivo annuale di 1122 ore, corrispondente a 34 ore settimanali; per le classi terze funzionanti nell’anno scolastico 2011/2012 l’orario complessivo delle lezioni è determinato in 1056 ore, corrispondente a 32 ore settimanali.”.

Già ictu oculi si può notare che le due disposizioni regolamentari più che recare norme per la “ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari” portano sic et simpliciter il taglio degli orari.

Oltre a ciò però la lettura approfondita del regolamento di cui al d.P.R. n. 87 del 2010 di riordino degli istituti professionali consente di verificare che tale taglio dell’orario era collegato con la istituzione dei licei tecnologici, poi abbandonata, come si evince dall’art. 5, comma 1 lett. b): “ l’orario complessivo annuale e’ determinato in 1.056 ore, corrispondente a 32 ore settimanali di lezione, comprensive della quota riservata alle regioni e dell’insegnamento della religione cattolica secondo quanto previsto all’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226”, quest’ultima norma recante appunto disposizioni in materia di “attività educative e didattiche nei licei”, tra cui erano compresi quelli tecnologici.

Ciò detto non può non concordarsi con l’obiter dictum dalla sezione espresso nella sentenza n. 3267/2011 e che cioè: “Non appare infatti revocabile in dubbio la circostanza che i decreti impugnati, operando una riduzione dell’orario di insegnamento di talune discipline, hanno inciso sui “contenuti culturali e didattici” e sulla “struttura” degli istituti professionali e tecnici, significativamente rifluendo sulla formazione impartita ai discenti dai predetti istituti” e proprio per la circostanza che le due disposizioni sopra enunciate appaiono sancire soltanto tagli di orario.

Ma se si va ad approfondire l’esame degli atti applicativi, e cioè i due decreti interministeriali n. 61 e 62 del 26 luglio 2010, tale osservazione non fa che essere confermata dalle Tabelle ad essi allegate che per ogni biennio specialistico sia degli istituti professionali, sia degli istituti tecnici prevedono un abbattimento del 20% del monte ore complessivo, laddove per ogni biennio sono indicate le materie che subiscono le riduzioni e queste sono, come rilevano i ricorrenti, le materie caratterizzanti il corso, oltre che nella stragrande maggioranza dei casi l’italiano.

Non può che concordarsi con quanto dal parere del CNPI sostenuto e che cioè “la riduzione del monte orario degli insegnamenti agisce non soltanto sulla dotazione organica dei docenti, ma anche sui curricoli; e questo in condizioni di particolare difficoltà per via dell’obbligo fatto alle scuole di proseguire l’attività didattica “secondo i piani di studio previgenti sino alla conclusione del quinquennio”.

Insiste poi il parere sulla circostanza che risulterebbe, in base all’istruttoria svolta, “una sorta di identificazione dei criteri adottati con i vincoli imposti dai citati decreti, atteso che nessun criterio discretivo pare sia stato previamente adottato per enucleare, tra le varie classi di concorso con apporto settimanale di oltre tre ore, quelle sulle quali operare la riduzione di orario.”. E prosegue il parere “Si constata, invece, anche alla luce della citata nota dell’Amministrazione del 4 agosto 2010, un intervento attento al solo contenimento della spesa e non indirizzato a tenere fermo il raccordo dei modelli organizzativi della didattica con i risultati dell’apprendimento”.

Oltre ad incidere sulle materie con orario di insegnamento più corposo e quindi su quelle caratterizzanti i corsi, non può non concordarsi pure con l’altra osservazione effettuata dai ricorrenti e che cioè tale operazione è stata effettuata senza che sia stato portato a compimento il Regolamento sulle classi di concorso o di materie, richiesta come prima operazione tra quelle individuate dall’art. 64, comma 4 del d.l. n. 112/2008 ai fini dei processi di ristrutturazione della scuola.

Ciò evidenzia il dedotto profilo della illogicità ed incongruità manifeste, come pure nel prosieguo sarà esaminato, perché in assenza di un criterio discretivo in base al quale enucleare le materie da penalizzare, criterio che non appare in nessuno dei provvedimenti impugnati con questo primo gruppo di motivi aggiunti, la riforma o riorganizzazione degli istituti tecnici e professionali dovrebbe anche consentire a quanti sono iscritti l’orientamento finalizzato alle professioni ed al lavoro ai sensi del d.lgs. 14 gennaio 2008, n. 22, pure citato nelle premesse dei due regolamenti impugnati. E le azioni di orientamento non consistono soltanto nella visita alle università, ma per come è dato leggere all’art. 2 del ridetto decreto legislativo: “… si realizzano soprattutto attraverso le iniziative di raccordo tra scuola e mondo delle professioni e del lavoro e un organico collegamento con gli enti territoriali, costituiscono indispensabili strumenti per contribuire alla costruzione di percorsi personalizzati, in vista della transizione verso il lavoro, basati sul collegamento sistematico tra la formazione in aula con quella in laboratorio e in contesti di lavoro. Tali interventi, progettati nell’ambito del Piano dell’offerta formativa di ogni singola istituzione scolastica, nel quadro complessivo della programmazione territoriale e dei piani di orientamento delle province sono definiti e gestiti in relazione ai seguenti criteri generali: a) si riferiscono agli obiettivi di apprendimento generali e specifici dei singoli curricula e concorrono a migliorare la preparazione degli studenti, con particolare riferimento all’ordine e all’indirizzo degli studi della scuola che frequentano;…”.

Ridurre quindi l’orario delle materie professionalizzanti, ancorché possa avere una sua logica basata sulla non penalizzazione delle materie a ridotto orario di insegnamento e peraltro assurto a criterio, del tutto postumo, di motivazione della riduzione oraria, appare realizzare l’effetto esattamente contrario a quello dal Ministero sostenuto e cioè quello di rispettare l’offerta formativa delle singole istituzioni, laddove questa deve essere legata “agli obiettivi di apprendimento generali e specifici dei singoli curricula”. (pag. 7 della relazione ministeriale del 30 agosto 2010 a prot. n. 2660), che non pare siano stati tenuti minimamente in considerazione.

4. Con il secondo gruppo di motivi aggiunti gli interessati impugnano i due decreti interministeriali 95 e 96 del 25 novembre 2010 con i quali il Ministero inserendo nella motivazione degli stessi il sopraggiunto parere del CNPI, ha sostanzialmente confermato con motivazione più corposa i due precedenti impugnati con il primo gruppo di motivi aggiunti.

Essi dapprima effettuano un’ampia disamina del parere del CNPI che appare concludere negativamente sui due provvedimenti esaminati in quanto l’Amministrazione non ha enucleato alcun criterio in base al quale individuare le materie il cui orario andava ridotto, operando quindi una indiscriminata riduzione a danno della completezza dei curricula ed ha posto in risalto che, alla luce della ridetta nota dell’Amministrazione in data 4 agosto 2010 l’intento è solo quello del contenimento della spesa.

4.1 Ciò premesso i ricorrenti deducono eccesso di potere, sviamento di potere, difetto dei presupposti, violazione degli articoli 3 e 97 Cost. e principi generali, violazione della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Insistono che lo scopo dei provvedimenti impugnati non è tanto quello di rimodulare l’orario scolastico degli istituti tecnici e professionali quanto piuttosto quello di giustificare la sforbiciata agli organici del personale docente e dunque di tagliare 87.400 posti.

Né il MIUR né il MEF contestano infatti che la riduzione dell’orario delle lezioni è stata operata in difetto di una previa definizione di criteri; ed anzi del tutto illegittimamente esse sostengono che trattandosi di atti generali non vi sarebbe bisogno di una specifica motivazione.

La censura può essere esaminata a fattor comune con la seconda proposta e con la quale gli interessati fanno valere la violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, difetto e carenza assoluta di motivazione; incongruenza ed irragionevolezza manifeste; violazione ed errata e falsa applicazione art. 2, d.P.R. n. 88 del 2010; violazione, errata e falsa applicazione dell’art. 2 del d.P.R. n. 87 del 2010.

Gli interessati osservano che del tutto erroneamente l’Amministrazione ritiene applicabile alla fattispecie l’art. 3, comma 2 della legge n. 241 del 1990, che consente di ovviare alla motivazione degli atti generali, quali sono i regolamenti di cui ai decreti presidenziali 87 ed 88 del 2010. Ciò è vero infatti per gli atti totalmente vincolati e non per quelli in cui si concretizza la scelta discrezionale dell’Amministrazione come sono quelli al momento gravati. Sotto questo profilo lo scopo del MIUR è palesemente indicato nei due atti applicativi 95 e 96 del 25 novembre 2010 nelle parti in cui espressamente precisano che “le materie professionalizzanti recanti il maggior carico orario…hanno subito riduzioni orarie più consistenti…”.

La tesi della non necessità della motivazione che è pure sostenuta dall’Amministrazione nelle sue controdeduzioni non può essere condivisa.

E’ vero che l’art. 3 della legge n. 241 del 1990 esclude la necessità della motivazione per gli atti normativi e quelli a contenuto generale quale possono essere considerati i due regolamenti impugnati e i decreti interministeriali e però è da rilevare che anche tali tipi di atti devono rispondere ai principi generali di ragionevolezza e non arbitrarietà, che non possono che emergere dalla motivazione.

L’integrazione della motivazione effettuata dall’Amministrazione con i due decreti interministeriali n. 95 e 96 del 25 novembre 2010 – impugnati con il secondo gruppo di motivi aggiunti in esame – adottati per inserire anche la confutazione delle osservazioni effettuate dal sopraggiunto parere del CNPI, infatti, non pare rispondere a tali principi di ragionevolezza e non arbitrarietà.

Come rilevato dai ricorrenti la stessa Amministrazione “risponde” alla obiezione del CNPI sulle motivazioni per cui si è deciso di non abbattere gli orari delle materie con meno ore di insegnamento (quelle inferiori a tre) osservando che comunque la riduzione aveva operato sulle “materie professionalizzanti, recanti il maggiore carico orario”.

E tale motivazione appare proprio irragionevole ed arbitraria, dal momento che non consente di individuare i criteri in base ai quali, nell’ambito delle varie materie professionalizzanti che caratterizzano i diversi curricula degli istituti tecnici e professionali, siano individuate quelle ritenute dall’Amministrazione suscettibili di riduzione piuttosto che altre.

Tutto ciò senza considerare che la indiscriminata riduzione di un’ora per ciascuna delle materie cosiddette caratterizzanti i vari bienni degli istituti tecnici e professionali, per come emerge dalle Tabelle allegate ai due decreti interministeriali 61 e 62, poi 95 e 96 del novembre 2010 ha le sue ovvie ed incontrollabili ricadute in termini di organico e di dimensionamento delle classi che divengono insufficienti a sopperire all’incremento delle iscrizioni come, per fatto notorio, accadrà nell’anno scolastico 2013/2014 dove si è riscontrato l’incremento dell’11% del totale degli iscritti negli istituti agrari e del 25,4 % nel settore enogastronomico degli istituti tecnici. E ciò comporta, come dedotto in ricorso, il mancato assolvimento dei livelli essenziali delle prestazioni sanciti dall’art. 15 del d.lgs. n. 226 del 2005, che stabilisce: “L’iscrizione e la frequenza ai percorsi di istruzione e formazione professionale rispondenti ai livelli essenziali definiti dal presente Capo e garantiti dallo Stato, anche in relazione alle indicazioni dell’Unione europea, rappresentano assolvimento del diritto-dovere all’istruzione e formazione, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76, e dal profilo educativo, culturale e professionale di cui all’allegato A.”, pure citato nelle premesse dei regolamenti.

4.2 I ricorrenti insistono dunque per la violazione dell’art. 191 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297; violazione ed errata e falsa applicazione dell’art. 2 della legge 28 marzo 2003, n. 53; violazione ed errata e falsa applicazione dell’art. 13 della legge 2 aprile 2007, n. 40 di conversione in legge con modificazioni del d.l. 31 gennaio 2007, n. 7; violazione dell’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241; eccesso di potere sotto il profilo della illogicità e della incongruenza manifeste; nonché per il difetto di motivazione e l’eccesso di potere nelle figure sintomatiche dello sviamento, della illogicità, della incongruenza e della irragionevolezza manifeste.

I ricorrenti lamentano la violazione del cd. patto formativo, come pure rilevato dal C.N.P.I. e che lo stesso organo ha pure rilevato che la mancata predisposizione di una griglia di criteri da offrire agli istituti interessati ai fini della rimodulazione dell’offerta formativa si traduce nella creazione di “ulteriori elementi di divaricazione tra i diversi percorsi e le discipline individuate dalle scuole interessate”.

Anche in questo caso non può che concordarsi con quanto dal parere del Consiglio Nazionale espresso circa la indiscriminata riduzione dell’orario scolastico, che, in quanto affidata all’unico criterio di non incidere sulle classi di concorso con carico settimanale di sole 3 ore, da un lato “non tiene conto del numero e delle discipline presenti nella classe di concorso in cui si opera la riduzione dell’orario al fine di garantire il mantenimento di non meno di due ore settimanali per disciplina oggetto di valutazione scritta/ orale/pratica in modo che anche queste materie abbiano la stessa tutela oraria di quelle coincidenti con la classe di concorso.”, sempre in assenza del regolamento sulle classi di materia, come sopra rilevato; e dall’altro, affidando alle istituzioni scolastiche autonome possibilità di diversa pesatura delle discipline all’interno della stessa classe di concorso, “rischia di inficiare l’unitarietà dei percorsi di studi e di vanificare il diritto degli studenti alle pari opportunità formative.” (CNPI parere del 26 agosto 2010).

5. Per le superiori considerazioni il ricorso principale va dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse; il primo ed il secondo gruppo di motivi aggiunti vanno accolti e per l’effetto va annullato il regolamento sugli istituti professionali di cui al d.P.R. 15 marzo 2010, n. 87 nella parte in cui all’art. 5, comma 1, lett. b) determina senza indicazione dei criteri l’orario complessivo per gli istituti professionali, il regolamento sugli istituti tecnici di cui al d.P.R. 15 marzo 2010, n. 88 nella parte in cui all’art. 5, comma 1 lett. b) determina senza indicazione dei criteri l’orario complessivo per gli istituti tecnici, i decreti interministeriali n. 61 del 26 luglio 2010 nelle parti in cui nelle premesse, all’art. 1 ed alle Allegate Tabelle ha individuato le classi di concorso destinatarie della riduzione di orario per gli istituti tecnici e n. 62 del 26 luglio 2010 nelle parti in cui nelle premesse, all’art. 1 ed alle Allegate Tabelle ha individuato le classi di concorso destinatarie della riduzione di orario per gli istituti professionali ed i decreti interministeriali n. 95 e 96 del 25 novembre 2010 nelle parti in cui hanno confermato le riduzioni di orario dei due decreti interministeriali sopra detti.

4. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:

– dichiara improcedibile il ricorso principale per sopravvenuto difetto di interesse;

– accoglie i due gruppi di motivi aggiunti e per l’effetto annulla i provvedimenti con essi gravati come in motivazione indicato.

Condanna l’Amministrazione dell’istruzione, dell’università e della ricerca ed il Ministero dell’Economia e Finanze al pagamento pro capite di Euro 1.500 (in totale Euro 3.000) per spese di giudizio ed onorari a favore dei ricorrenti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2012 con l’intervento dei magistrati:

Evasio Speranza, Presidente

Pierina Biancofiore, Consigliere, Estensore

Ines Simona Immacolata Pisano, Consigliere

     
     
L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/04/2013

 

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