Il debito al record di 1,6 miliardi si allontana il risanamento dell’ Atac

maggio 7, 2013
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IL DEBITO dell’ Atac compie l’ ennesimo giro di boa negativo e supera la soglia degli 1,6 miliardi di euro, 57 milioni di euro in più rispetto al 2011. Dietro lo scarno comunicato stampa con cui qualche giorno fa l’ azienda ha pubblicizzato la chiusura del bilancio 2012, che rilanciava un calo delle perdite di 22,5 milioni (156,7 milioni contro i 179,2 del 2011) e un taglio sui costi di 8 milioni di euro, si nasconde un quadro finanziario ben più inquietante. Per molte amministrazioni comunali l’ azienda di servizio pubblico di trasporto è un problema, ma il passivo dell’ Atac è tale che sembra allontanarsi indefinitamente la prospettiva di un risanamento dei conti. Dal 2008, anno dell’ insediamento di Gianni Alemanno sulla poltrona di sindaco di Roma, il debito è raddoppiato, passando da 861 milioni a 1,6 miliardi. Una cifra monstre divisa principalmente tra i fornitori, ai quali l’ Atac deve 387 milioni, le banche (324 milioni) e le società controllanti, quindi il Comune di Roma, verso il quale la società ha contratto un passivo pari a 533 milioni. Anche la liquidità nell’ ultimo anno è stata quasi dimezzata e le disponibilità sono passate da 59,4 a 31,9 milioni di euro. È non è stato sufficiente per lenire i mal di pancia finanziari dell’ azienda l’ aumento del biglietto applicato dal 25 maggio 2012. A fronte di un rincaro del 50% (il costo del titolo di viaggio è passato da 1 a 1,5 euro) i ricavi ottenuti dalla vendita dei biglietti sono aumentati di soli 27,7 milioni di euro su un totale di 249 milioni, e questo nell’ anno record per il numero di abbonamenti che hanno raggiunto la cifra storica di 250mila contro i 155mila del 2011. Scorrendo le pagine del bilancio 2012, emerge così che l’ imposta mascherata votata dal Campidoglio per salvare le casse disastrate di Atac è servita a poco. E inutile, per l’ ambizioso obiettivo di appianare il debito, è stato l’ aumento di 22,6 milioni di euro concesso da Roma Capitale sul contratto di servizio per la gestione del trasporto romano, che – sempre tra il 2011 e il 2012 – è passato da 430,7 a 453,4 milioni di euro. Qualcosa di più il management dell’ azienda e soprattutto il sindaco Alemanno se lo aspettava dopo l’ approvazione della cosiddetta “delibera Atac” votata in Assemblea alla fine del dicembre 2012 da una larga maggioranza. Il provvedimento prevedeva l’ apertura di ipoteche sul patrimonio immobiliare gestito da Atac Patrimonio al fine di ottenere nuovi finanziamenti bancari. «Ad oggi – ammette Gioacchino Gabbuti, presidente di Atac Patrimonio – di quelle ipoteche non se ne sa nulla». L’ azienda, scorporata da Atac per valorizzare e vendere un enorme riserva immobiliare che vale circa 500 milioni dieuro, non ha portato all’ attivo della società dei trasporti praticamente nulla. Ma non per sue negligenze. «Abbiamo preparato tutta la documentazione per la vendita di alcuni asset strategici – prosegue Gabbuti – ma l’ Assemblea Capitolina non ha dato il via libera. Nel budget 2013, ad esempio, avevamo previsto la vendita dei depositi di piazza Bainsizza, San Paolo e Tuscolana, ma stiamo pagando i ritardi dell’ Amministrazione comunale che in questo caso non ha mosso un dito». Secondo l’ Atac, la mancata vendita di beni immobili prevista nell’ esercizio 2012 equivale a una perdita di possibili introiti per 43 milioni di euro. Di fronte a questo immobilismo, anche l’ azienda stenta a rinnovarsi: l’ età media degli autobus che circolano a Roma è di 9 anni e mezzo, mentre la velocità si aggira intorno ai 13,5 km orari, contro i 26 di Parigi e Berlino. Di fronte a questo scenario sembra allontanarsi il raggiungimento del pareggio di bilancio previsto dal piano industriale nel 2015 e anche lo sbandierato taglio da 8 milioni di euro operato sui costi del personale è un’ inezia rispetto al totale di 550 milioni che Atac ha speso nel 2012 per gli stipendi dei suoi operai, impiegati, quadri e dirigenti. Solo questi ultimi (82 unità) sono costati circa 14 milioni di euro. Ancora troppi soldi per una delle più grandi aziende europee del trasporto pubblico che al 31 dicembre 2012 aveva in cassa appena 96.718 euro.

Repubblica

 

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