Tar Piemonte sulla portata dei valori dell’antifascismo

maggio 31, 2019
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democraziaREPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 228 del 2019, proposto da:
SARA NOVELLO, rappresentata e difesa dall’avvocato Federico Depetris, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, corso Francia, 3;

contro

COMUNE DI RIVOLI, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Maria Giovanna Gambino, con domicilio eletto presso il suo studio in Giustizia, Pec Registri;

per l’annullamento

del provvedimento del 23.01.2019 di improcedibilità (rigetto) istanza di occupazione temporanea del suolo pubblico registrata al prot. n. 59870 del 08/10/2018 emesso dal Comune di Rivoli, Prot. Comune di Rivoli 2019/1925, e di ogni atto e deliberazione presupposta e conseguente.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Rivoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2019 il dott. Ariberto Sabino Limongelli e uditi l’avv. Depetris per la parte ricorrente e l’avv. Gambino per il Comune resistente;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

  1. Con deliberazione n. 125 del 30 novembre 2017, il consiglio comunale di Rivoli, preso atto del ripetersi sempre più frequente di “manifestazioni promosse da organizzazioni neofasciste, portatrici di idee e di valori che si collocano al di fuori del perimetro costituzionale”, impegnava l’amministrazione “a non concedere spazi o suolo pubblici a coloro i quali non garantiscano di rispettare i valori sanciti dalla Costituzione, professando e/o praticando comportamenti fascisti, razzisti e omofobi”, dando mandato di adeguare i regolamenti comunali a quanto espresso nell’atto di indirizzo, in particolare “subordinando la concessione di suolo pubblico, spazi e sale di proprietà del Comune, a dichiarazione esplicita di rispetto dei valori antifascisti sanciti dall’ordinamento repubblicano”.
  2. Con successiva deliberazione n. 164 del 15 maggio 2018, la giunta comunale di Rivoli dava mandato ai competenti uffici comunali di richiedere, a fronte di istanze di concessione del suolo pubblico o di utilizzo di spazi e sale di proprietà comunale, la presentazione da parte dei richiedenti di una dichiarazione espressa, redatta ai sensi e per gli effetti degli artt. 46 e 47 del DPR 445/2000, del seguente testuale tenore:

“Il sottoscritto (…) dichiara (…):

– “di ripudiare il fascismo e il nazismo;

– di aderire ai valori dell’antifascismo posti alla base della Costituzione repubblicana, ovvero i valori di libertà, di democrazia, di eguaglianza, di pace, di giustizia sociale e di rispetto di ogni diritto umano, affermatisi nel nostro Paese dopo una ventennale opposizione democratica alla dittatura fascista e dopo i 20 mesi della Lotta di Liberazione dal nazifascismo; (…)”.

  1. Con istanza dell’8 ottobre 2018, la signora Sara Novello, agendo “in nome e per conto di Casapound Italia”, chiedeva al Comune di Rivoli l’autorizzazione ad occupare il suolo pubblico con un gazebo di mt 2 x 2 in via Fratelli Piol per tredici giorni non consecutivi, festivi e prefestivi, compresi tra il 1° dicembre 2018 e il 27 aprile 2019, al fine dichiarato di svolgere “propaganda politica e di promozione delle attività politiche e del pensiero politico della sig.ra Sara Novello”.
  2. Alla propria istanza, la richiedente allegava la seguente dichiarazione: “La sottoscritta (…) dichiara di riconoscersi nei valori della Costituzione, di non voler ricostituire il disciolto Partito Fascista, di non voler effettuare propaganda razzista o comunque incitante all’odio”, nonché “di impegnarsi a rispettare tutte le leggi ed i regolamenti del nostro ordinamento giuridico”.
  3. Con atto del 22 novembre 2018, gli uffici comunicavano alla richiedente che l’iter autorizzativo dell’istanza era stato “sospeso” dal momento che all’istanza era stata allegata una dichiarazione difforme dal modello-tipo approvato dall’amministrazione con le predette deliberazioni, invitando l’interessata a regolarizzare la dichiarazione e precisando che l’autorizzazione sarebbe stata rilasciata non appena fosse stata trasmessa la dichiarazione in questione.
  4. La ricorrente presentava proprie osservazioni, contestando la legittimità della richiesta dell’Amministrazione e rifiutando di rendere la dichiarazione nei termini pretesi dall’amministrazione.
  5. Alla luce di quanto sopra, con provvedimento notificato il 23 gennaio 2019 l’amministrazione dichiarava l’istanza “improcedibile”, non essendo stato prodotto il documento richiesto.
  6. Con ricorso notificato il 15 marzo 2019 e depositato il 20 marzo successivo, l’interessata impugnava dinanzi a questo TAR il suddetto provvedimento di “improcedibilità”, unitamente alle presupposte delibere del consiglio comunale n. 125/2017 e della giunta comunale n. 164/2018, e ne chiedeva l’annullamento, previa sospensione cautelare, sulla base di cinque motivi, con i quali deduceva vizi di violazione di legge e di eccesso di potere sotto plurimi profili.
  7. Il Comune di Rivoli si costituiva in giudizio con articolata memoria difensiva, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso in ragione della tardiva impugnazione degli atti presupposti, divenuti ormai inoppugnabili, e in subordine, nel merito, contestando il fondamento del ricorso e chiedendone il rigetto.
  8. All’udienza in camera di consiglio del 10 aprile 2019, dopo la discussione dei difensori delle parti, il collegio si riservava di definire il giudizio con sentenza in forma semplificata, sussistendone i presupposti di legge e sentite, sul punto, le parti costituite.

DIRITTO

Si può prescindere dall’esame dell’eccezione preliminare formulata dalla difesa comunale, dal momento che il ricorso è manifestamente infondato nel merito.

  1. Con il primo motivo, la ricorrente ha dedotto l’illegittimità degli atti impugnati per violazione degli articoli 2, 3, 17, 18 e 21 della Costituzione in materia di tutela dei diritti fondamentali, di eguaglianza, diritto di riunione, di associazione, di manifestazione del pensiero e di associazione in partiti politici; tali principi, secondo la ricorrente, non consentirebbero di subordinare l’esercizio dei diritti civili e politici a dichiarazioni di adesione ai valori dell’antifascismo, ai valori repubblicani e a quelli della Resistenza; la libera manifestazione del pensiero e il “foro interno” di ciascun cittadino non possono essere coartati attraverso l’obbligo di adesione a valori predeterminati, secondo modelli tipici dei regimi totalitari; all’atto della domanda di concessione del suolo pubblico, la ricorrente ha dichiarato di aderire ai valori della Costituzione italiana e di non avere intenzione di ricostituire il disciolto Partito Fascista, e tanto deve essere ritenuto sufficiente; secondo la ricorrente, l’amministrazione non potrebbe imporre ai cittadini di aderire a non meglio identificati “valori dell’antifascismo” che non sono richiamati in alcuna parte del testo costituzionale, né a “ripudiare il fascismo e il nazismo”, atteso che il ripudio attinge alla sfera interna dell’individuo, che non può essere coartata dall’amministrazione in assenza di comportamenti e manifestazioni esteriori che si pongano in contrasto con le norme costituzionali e con le leggi dello Stato.

La censura è infondata.

1.1. I valori dell’antifascismo e della Resistenza e il ripudio dell’ideologia autoritaria propria del ventennio fascista sono valori fondanti la Costituzione repubblicana del 1948, non solo perché sottesi implicitamente all’affermazione del carattere democratico della Repubblica italiana e alla proclamazione solenne dei diritti e delle libertà fondamentali dell’individuo, ma anche perché affermati esplicitamente sia nella XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, che vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista, sia nell’art. 1 della legge “Scelba” n. 645 del 20 giugno 1952, che, nel dare attuazione alla predetta norma costituzionale, ha individuato come manifestazioni esteriori di ricostituzione del partito fascista il perseguire finalità antidemocratiche proprie del partito fascista attraverso, tra l’altro, la minaccia o l’uso della violenza quale metodo di lotta politica, il propugnare la soppressione delle libertà costituzionali, lo svolgere propaganda razzista, l’esaltare principi, fatti e metodi propri del predetto partito, il compiere manifestazioni esteriori di carattere fascista e il denigrare la democrazia, le sue istituzione o i “valori della Resistenza”; inoltre, l’art 5 della stessa legge Scelba n. 645/1952 punisce le manifestazioni usuali del disciolto partito fascista, quando siano compiute durante eventi pubblici.

1.2. I principi affermati nelle predette norme costituiscono un limite alla libertà di manifestazione del pensiero, di riunione e di associazione degli individui, le quali non possono esplicarsi in forme che denotino un concreto tentativo di raccogliere adesioni ad un progetto di ricostituzione del disciolto partito fascista.

1.3. Si tratta di principi che, per evidenti motivi, trovano precipua applicazione in materia di propaganda politica ed elettorale.

1.4. In tale contesto, allorquando si richieda di esercitare attività di propaganda politica ed elettorale in spazi pubblici, sottraendoli, sia pure temporaneamente, all’uso pubblico per destinarli all’utilizzo privato, non appare irragionevole che l’amministrazione richieda, al fine di valutare la meritevolezza dell’interesse dedotto, una dichiarazione di impegno al rispetto dei valori costituzionali e, in particolare, dei limiti costituzionali alla libera manifestazione del pensiero connessi al ripudio dell’ideologia autoritaria fascista e all’adesione ai valori fondanti l’assetto democratico della Repubblica italiana, quali quelli dell’antifascismo e della Resistenza; e ciò anche al fine dell’eventuale revoca della concessione in caso di violazione dell’impegno assunto. E benchè, nel caso di specie, il modello di dichiarazione predisposto dall’amministrazione comunale non appaia scevro da qualche ridondanza, non per questo è possibile rilevarne un profilo di illegittimità, tenuto conto anche della forte valenza simbolica, oltre che amministrativa, che l’amministrazione ha inteso riconnettervi e che giustifica qualche eccesso di enfasi.

1.5. Nel caso di specie la ricorrente ha richiesto all’amministrazione comunale, “quale attivista e delegata” dell’associazione “Casapound Italia”, la concessione del suolo pubblico nella via Fratelli Piol – peraltro, una via pubblica di forte valenza evocativa, perchè intestata a martiri della Resistenza e dell’antifascismo – per svolgere attività di propaganda politica; ma, alla richiesta dell’amministrazione di rendere la dichiarazione di impegno predisposta dalla giunta comunale, ne ha resa una diversa, nella quale ha sì dichiarato “di riconoscersi nei valori della Costituzione, di non voler ricostruire il disciolto Partito Fascista, di non voler effettuare propaganda razzista o comunque incitante all’odio”, nonché “di impegnarsi a rispettare tutte le leggi ed i regolamenti del nostro ordinamento giuridico”, ma ha omesso, volutamente, la parte di dichiarazione relativa al “ripudio del fascismo e del nazismo” e all’adesione “ai valori dell’antifascismo”.

1.6. Dichiarare di aderire ai valori della Costituzione, ma nel contempo rifiutarsi di aderire ai valori che alla Costituzione hanno dato origine e che sono ad essa sottesi, implicitamente ed esplicitamente, significa vanificare il senso stesso dell’adesione, svuotandola di contenuto e privandola di ogni valenza sostanziale e simbolica.

1.7. Non appare pertanto censurabile il comportamento del Comune che, a fronte dell’assenza di un effettivo impegno della ricorrente al rispetto dei valori costituzionali dell’antifascismo, ha ritenuto insussistenti i presupposti di interesse pubblico per la concessione di spazi pubblici per finalità private di propaganda politica.

La censura va quindi disattesa.

  1. Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto vizi di violazione di legge e di eccesso di potere per sviamento; l’amministrazione avrebbe utilizzato in materia sviata i propri poteri in materia di occupazione del suolo pubblico, i quali sarebbero previsti dalla legge per finalità prettamente fiscali e di tutela della viabilità e della sicurezza pubblica; l’amministrazione avrebbe invece perseguito una finalità estranea al paradigma normativo, quella di estorcere ai cittadini dichiarazioni di adesione ideologica ad una “carta di valori” predeterminata.

Anche tale censura è infondata.

2.1. La disciplina dell’occupazione del suolo pubblico è demandata ai Comuni, sia in ordine alla individuazione dei presupposti che in ordine alla determinazione del canone. La legge, in particolare, non predetermina le finalità in vista delle quali può essere attribuito a privati l’uso esclusivo del suolo pubblico, ma rimette ai Comuni il potere di regolamentarle e valutarle caso per caso, in funzione della meritevolezza dell’interesse perseguito e della sua idoneità a giustificare la sottrazione temporanea del bene pubblico all’utilizzo collettivo.

2.2. E’ stato affermato, al riguardo, che la concessione di suolo pubblico “esige sempre e comunque una decisione ponderata in ordine al bilanciamento dell’interesse pubblico con quelli privati eventualmente confliggenti, di cui dare conto nella motivazione, stante il loro carattere discrezionale, con la conseguenza che la P.A., prima di concederla, deve, attraverso apposita istruttoria, effettuare una accurata ricognizione degli interessi coinvolti” (T.A.R. Lazio-Roma, sez. II , 25 luglio 2017 n. 8934).

2.3. Nel caso di specie, la concessione del suolo pubblico è stata richiesta dalla ricorrente al fine dichiarato di effettuazione di attività di propaganda politica. L’amministrazione, nel richiedere, al fine di valutare l’assentibilità dell’istanza, una dichiarazione preventiva di adesione ai valori costituzionali dell’antifascismo e di ripudio del fascismo e del nazismo, ha bilanciato correttamente l’interesse privato della ricorrente a svolgere attività di propaganda politica con l’interesse pubblico a che ciò avvenga nel doveroso e consapevole rispetto dei valori costituzionali.

  1. Con il terzo motivo, la ricorrente ha dedotto l’illegittimità degli atti impugnati per violazione del vigente regolamento comunale di Rivoli in materia di concessione di suolo pubblico; ha osservato la ricorrente che tale regolamento non è stato modificato a seguito degli atti impugnati, e, allo stato, non contiene alcuna norma che imponga la presentazione di una dichiarazione di adesione ai valori dell’antifascismo per poter ottenere uno spazio pubblico.

Anche tale censura è infondata.

Il diniego impugnato è stato adottato in ossequio a quanto previsto dal consiglio comunale con la deliberazione n. 125 del 30 novembre 2017.

Il consiglio comunale è l’organo competente ad approvare e modificare i regolamenti comunali.

Nel caso di specie, la delibera n. 125/2017 ha dettato un indirizzo di carattere generale ed astratto che, benchè non inserito formalmente all’interno del testo regolamentare, è tuttavia idoneo ad integrarlo ab externo, sia in ragione della sua natura sostanzialmente regolamentare sia in considerazione dell’organo che l’ha adottato.

  1. Con il quarto motivo, la ricorrente ha dedotto la violazione degli artt. 46 e 47 del DPR n. 445 del 28 dicembre 2000; tali norme, richiamate nella dichiarazione-tipo predisposta dalla giunta comunale, prevedono che le dichiarazioni sostitutive di certificazioni possano attestare unicamente “stati e qualità”, non opinioni politiche; l’amministrazione avrebbe quindi imposto una autocertificazione di carattere ideologico contraria ad ogni legge.

La censura non ha fondamento.

4.1. Benchè il modello di dichiarazione predisposto dall’amministrazione richiami, in effetti, gli artt. 46 e 47 del DPR 445/2000, la dichiarazione richiesta dall’amministrazione non è una vera dichiarazione sostitutiva di certificazione, ma una dichiarazione di impegno del privato al rispetto dei principi costituzionali e dei valori ad essi sottesi, in funzione della valutazione di meritevolezza dell’interesse perseguito dal richiedente attraverso l’utilizzo del suolo pubblico.

4.2. Il richiamo alle norme citate è quindi improprio, ma giuridicamente inconferente.

  1. Infine, con il quinto motivo la ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 48 comma 2 del DPR 445/2000, il quale prevede che, ai fini della redazione di dichiarazioni sostitutive, gli interessati hanno la facoltà, e non l’obbligo, di avvalersi dei moduli predisposti dall’amministrazione; la ricorrente ha reso effettivamente una dichiarazione sostitutiva di adesione ai valori della Costituzione, sia pure utilizzando un modulo diverso da quello predisposto dall’amministrazione, per cui l’amministrazione avrebbe dovuto ritenere assolto l’obbligo previsto dalle delibere di giunta e di consiglio.

Anche quest’ultima censura è infondata.

5.1. La ragione per la quale l’amministrazione ha respinto l’istanza della ricorrente non risiede nel fatto che la dichiarazione non sia stata resa utilizzando il modello predisposto dall’amministrazione, ma nella circostanza che il suo contenuto non corrispondeva a quanto richiesto dall’amministrazione, non contenendo, in particolare, né il ripudio del fascismo e del nazismo né l’adesione della richiedente ai valori dell’antifascismo.

  1. In conclusione, alla luce delle considerazioni di cui sopra, il ricorso va respinto.
  2. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
  3. Attesa la manifesta infondatezza del ricorso, va respinta anche la domanda della ricorrente di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore del Comune di Rivoli, che liquida in € 2.000,00 (duemila/00), oltre oneri accessori.

Respinge la domanda della ricorrente di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2019

 

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