Accesso agli atti: se l’ufficio nega, non serve più il Tar

maggio 27, 2016
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Marina Crisafi (da studiocataldi)

Come funziona il nuovo diritto di accesso agli atti e come può difendersi il cittadino se l’amministrazione dice no.

Con l’ok definitivo del Governo al Foia (il Freedom Of Information Act) si determinerà una vera e propria rivoluzione di “trasparenza” della P.A., attraverso il riconoscimento del diritto di accesso gratuito dei cittadini a tutti gli atti pubblici (salvo specifiche e ben motivate eccezioni), indipendentemente dalla presenza di una posizione di diritto soggettivo o interesse legittimo.

Ma come potrà essere esercitato tale diritto?

Intanto, non sempre il cittadino dovrà chiedere, perché il provvedimento approvato rilancia l’obbligo “automatico” di pubblicazione: le P.A. saranno tenute, infatti, a mettere online i pagamenti eseguiti nei confronti dei fornitori; gli enti locali dovranno pubblicare i dati dei titolari degli incarichi dirigenziali ivi compresi gli stipendi; la sanità dovrà pubblicare i criteri di formazione delle liste di attesa, ecc.

Per tutto il resto, ovviamente, il primo passo è la domanda da parte dell’interessato.

A chi rivolgersi

Chi è intenzionato a conoscere una informazione o un atto potrà rivolgersi a tre uffici: quello che possiede materialmente i documenti, laddove di sua conoscenza; quello per le relazioni con il pubblico; una terza struttura indicata ad hoc dall’ente sul proprio sito internet.

Laddove, invece, la richiesta di accesso si spinga verso atti non resi pubblici nonostante gli obblighi di legge, l’interessato potrà fare domanda al responsabile anti-corruzione.

La domanda dovrà contenere i dati sulle informazioni o sugli atti richiesti, senza alcun bisogno di motivazione.

I tempi

Alla ricezione dell’istanza, l’ente interpellato deve rispondere entro 30 giorni, fornendo quanto richiesto oppure motivando la decisione negativa. Non vale più il silenzio-rifiuto, che nella versione iniziale del provvedimento, avrebbe fatto decadere l’istanza dell’interessato dopo 30 giorni di silenzio. I tempi però possono dilatarsi anche notevolmente, se scatta la salvaguardia della privacy. La P.A. interessata, infatti, ricevuta la domanda potrà individuare i titolari di dati personali o commerciali che potrebbero subire danni dalla pubblicazione. In tal caso, l’ufficio avvisa questi soggetti controinteressati, i quali hanno 10 giorni di tempo per opporsi alla pubblicazione. Le obiezioni alla diffusione dei dati richiesti, in ogni caso, non vincolano l’ufficio, il quale potrà anche decidere di fornire atti e informazioni anche contro la loro opposizione. In questa ipotesi, la pubblicazione potrà essere fatta soltanto dopo 15 giorni dall’avviso ai controinteressati. E comunque, in base al testo del provvedimento, le obiezioni di costoro possono avere chance di successo soltanto se c’è in gioco un pregiudizio concreto sulla riservatezza dei dati, su segreti commerciali, diritti d’autore, ecc.

Che succede se la P.A. dice no

Se il cittadino che chiede un’informazione o un atto ad un ufficio della P.A. riceve una risposta negativa può percorrere diverse strade senza dover ricorrere al Tar, come previsto nell’impianto originario del provvedimento, evitando così i costi e i tempi che il ricorso alla giustizia amministrativa poteva comportare.

Nella versione approvata, al cittadino è concesso di interpellare prima di tutto il responsabile anti-corruzione, che dovrà essere presente in ogni P.A., ovvero, nel caso di enti locali e regioni, presentare ricorso al difensore civico.

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