Il 416 bis anche per i caporali: la proposta in Commissione antimafia

luglio 12, 2015
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Maria Gabriella Lanza (da redattoresociale)

Se andrà avanti, il reato comporterebbe pene fino a 14 anni e la confisca obbligatoria dei beni. L’annuncio alla presentazione di “Migranti e Territori”, a cura di Marco Omizzolo e Pina Sodano, che racconta tra l’altro l’inferno vissuto dai braccianti indiani nell’agro pontino.

Dalla diaspora dei palestinesi, alla fuga degli eritrei dal dittatore Afewerki, fino ad arrivare allo sfruttamento disumano degli indiani nella provincia di Latina. E’ un viaggio nel mondo delle migrazioni contemporanee quello che viene raccontato da giornalisti, docenti universitari, ricercatori, funzionari pubblici e rappresentati del Terzo settore nel libro “Migranti e territori”, a cura di Marco Omizzolo e Pina Sodano. Un racconto corale ricco di analisi, approfondimenti e testimonianze dirette di chi è scappato dall’inferno per trovare in Italia un altro inferno. E’ il caso dei migranti arruolati nelle campagne dell’agro pontino, costretti a doparsi con oppio o metanfetamina per sostenere ritmi di lavori disumani. “Tutti dovrebbero guardare in faccia questi uomini e queste donne che si spaccano la schiena per tre euro all’ora raccogliendo frutta e verdura”, afferma Marco Omizzolo, autore del saggio “Il movimento bracciantile in Italia e il caso dei braccianti indiani in provincia di Latina dopati per lavorare come schiavi”. Affrontano orari di lavoro impossibili che arrivano a 14 ore consecutive sotto il sole nei campi o nelle serre asfissianti, sette giorni su sette. Secondo il contratto nazionale, invece, non si possono superare le 6 ore e 40 minuti al giorno pagate 8, 26 euro l’ora. Nella maggior parte dei casi, i caporali pagano la metà di quello promesso, con ritardi di mesi, come racconta Singh, un bracciante indiano: “Dovevo avere 1200 euro e invece il mio padrone me ne ha dati 600. Quando lavoro 80 ore, lui ne segna solo 8. Ho bisogno dei soldi per vivere”. Nella maggior parte dei casi si crea una sorta di “contratto a sfruttamento indeterminato”, come si legge nel libro. Le buste paga e i documenti apparentemente sono in regola: il lavoratore risulta impiegato solo per due giorni al mese e in questo modo si evitano controlli.
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Secondo l’Inps nel territorio pontino in provincia di Latina nel 2012 erano presenti quasi 17.000 braccianti, una manodopera imponente che finisce nella rete della criminalità organizzata. Ribellarsi è difficile: le difficoltà legate alla conoscenza della lingua italiana, i tempi lunghi della giustizia italiana ma soprattutto la paura di perdere l’unica entrata economica, anche se misera, condanna il migrante ad uno stato perpetuo di ricatti e sopraffazioni. “Fuori dalla cooperativa c’è una persona che fa la guardia e, quando sta arrivando la polizia, avvisa il padrone che manda via noi che siamo irregolari. Così nessuno vede lo sfruttamento, ma c’è. Io lo conosco bene”, continua Singh.
“Per sconfiggere questo fenomeno bisogna essere uniti”, afferma Omizzolo, “non è una battaglia che può fare solo un sindacato o una associazione. La politica ci deve aiutare. Dobbiamo fermare questa forma di schiavitù”. Per questo Davide Mattiello, deputato del Partito Democratico e membro della Commissione parlamentare antimafia ha proposto di estendere il 416 bis anche ai caporali. L’articolo del codice penale prevede pene fino a 14 anni di reclusione e la confisca obbligatoria dei beni. “Dopo aver incontrato questi braccianti, ho voluto convocare una audizione sull’argomento nella Commissione parlamentare antimafia”, ha spiegato Mattiello durante la presentazione del libro. “Anche se non siamo in presenza di mafiosi o camorristi, il caporalato è una forma di associazione mafiosa a tutti gli effetti in cui ogni associato svolge ruoli ben definiti. Dobbiamo rivedere la legge in materia e sanzionare anche la responsabilità dell’imprenditore”

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